Era l’estate del 1964, quando nei juke
box di tutta la penisola cominciò a furoreggiare una ballata dei
Marcellos Ferial, che parlava di una bambina, di una notte di guerra,
del pianto di un piccolo angelo strappato all’affetto dei genitori, come
purtroppo, accade ancora oggi in ogni guerra.
"Sbarcammo ad
Anzio/una notte/oooh-oh/oooh-oh/ C’era soltanto la luna/ed un pianto di
bomba/In fondo al suo sguardo di mare/c’erano ancora le favole/e quattro
conchiglie/ripiene di sabbia/stringeva una piccola mano/Angelita/ti
saresti chiamata Angelita"
Una canzone ritenuta da tanti un
vero e proprio ‘evergreen’, legato allo sbarco del gennaio 1944 sulla
costa di Anzio, una storia che qualcuno vuole inventata di sana pianta,
ma che tantissimi altri l’hanno presa ad esempio delle nefandezze della
guerra, partendo da colui che l’ha raccontata al mondo intero. Si
trattava del caporale Christopher S. Hayes, uno dei tanti appartenenti a
‘Royal Scots Fusiliers’ che sbarcarono quella notte sul suolo italiano
con l’intento di aprire un nuovo fronte d’attacco, avrebbe alleggerito
la pressione tedesca su Cassino e agevolato la liberazione di Roma.
Hayes, quella notte, insieme ai suoi commilitoni, sbarca su un tratto di
spiaggia, che dovrebbe essere (usiamo il condizionale perché il
caporale, negli anni rilascerà una serie di interviste anche un
po’contrastanti tra loro) quella a ridosso dell’attuale riserva naturale
di Tor Caldara; non trova ad aspettarlo i tedeschi, presi alla
sprovvista dallo sbarco, ma una semplice bambina di 5 anni, che piange
sulla spiaggia, tutta sola, abbandonata chissà per quale motivo.
Lui
e il suo plotone decidono all’istante che non possono lasciarla lì, e
decidono di portarsela con loro, facendone la propria ‘mascotte’ e
chiamandola familiarmente Angelita. Qualcuno racconta la versione che il
nome non fu inventato all’istante, ma fosse quello vero della bambina,
che al momento del ritrovamento aveva indosso un vestitino con un nome
ricamato, quello, per l’appunto di Angela Rossi.
La bambina si
ritrova così ad avere una famiglia ‘allargata’, con tanti padri che la
riempiono d’affetto, ma la ritrovata felicità dura pochi giorni, fino a
quel tragico 31 gennaio.
Anche sulla fine della storia ci sono varie
versioni, che l’Hayes raccontò di volta in volta nella varie
interviste, in una si parla della morte della bambina in trincea,
durante un bombardamento, ma quella più accreditata racconta che dovendo
riprendere l’avanzata, gli Scouts decisero di lasciare la bambina nel
campo della Croce Rossa posto in località Carroceto, anzi per dirla con
le parole del caporale inglese, ‘la Fabbrica’, come era chiamata sulle
mappe militari britanniche, ma poche ore dopo, durante un
cannoneggiamento tedesco, una bomba da 88 mm cadde proprio sul campo,
facendo una carneficina tra i feriti ricoverati.
Il soldato Hayes
accorse subito per vedere le condizioni della bambina, ma la trovò tra i
morti, come scrisse in un racconto, poi raccolto da Ennio Silvestri:
"Strinsi la bambina per l’ultima volta quale estremo saluto mio e dei
miei compagni e la adagiai lungo il ciglio della strada tra i morti
inglesi, americani e tedeschi".
In un’altra versione fornita, si
parla solo di un’ambulanza della Croce Rossa: “Qui, in una piazza lungo
la strada asfaltata c’era un veicolo della Croce Rossa. Vicino al
veicolo c’erano parecchi feriti. Pensammo che lì la bambina sarebbe
stata al sicuro. E così, con la tristezza nel cuore, affidammo Angelita a
un’infermiera americana che stava prestando le prime cure ai feriti. Io
la vedo ancora, seduta sul veicolo, gli occhi pieni di lacrime
salutarci mentre ci incamminavamo verso sud. All’improvviso ci fu una
terribile esplosione dietro di noi. Tornai indietro. L’intera piazza
dove c’era il veicolo della Croce Rossa era stata centrata da una bomba…
Angelita era stata sbalzata fuori dal veicolo. La raccolsi e la strinsi
a me, ma era già morta”.
Secondo il caporale Hayes, Royal Scots
Fusiliers, Angelina Rossi (per gli uomini della pattuglia, Angelita)
morì il 31 gennaio 1944.
Il plotone ripartì, e continuò a risalire
al nord, fino alla liberazione di Roma e dell’Italia, ma il ricordo di
quella notte, di quella bambina e della sua tragica fine, non abbandonò
mai l’ormai reduce Hayes, che tanti anni dopo, per la precisazione
diciassette, sentì il bisogno di scrivere all’allora sindaco di Anzio,
per chiedere notizie su quel piccolo corpo, se gli fosse stata data una
degna sepoltura: “Mi piacerebbe visitare di nuovo Anzio e Nettuno e
magari trovare la tomba di Angelita e quelle degli altri civili e
soldati che morirono a Anzio. Ma ora sono sposato e ho cinque figli. Non
posso permettermi di viaggiare, ma mi farebbe piacere ricevere foto
della zona e qualsiasi altra informazione vorrete mandarmi. Sono certo
che, oggi, lì tutto è cambiato”.
Immaginiamo la faccia del Sindaco
apprendere dopo tanti anni dallo sbarco, quella notizia e quella storia,
e soprattutto il suo imbarazzo nel dover ammettere che di quella storia
nessuno ne sapesse niente… Angelita, la piccola Angelita era diventata
una specie di piccolo soldato ignoto, rimasto senza sepoltura.
Il
Signor Hayes fu, alla fine invitato ad Anzio, e nel suo soggiorno ad
Anzio ci furono decine di donne che si presentarono dicendo di essere la
‘mitica’ Angelina Rossi, ma nessuna di esse aveva un’età compatibile
con quella della bambina di vent’anni prima, oltre al fatto che l’uomo
asseriva di aver visto la bambina morta.
Oltre a quelle di
quell’anno, molto tempo dopo, balzò alle cronache un’altra Angela Rossi
che asseriva anch’essa di essere la vera Angelita della storia, un po’
di polemiche, un po’ di discussioni animose e poi la storia si sgonfiò
così com’era nata, e di quella donna non se ne seppe più nulla.
Comunque sia, la storia della bambina fece il giro di tutto il mondo,
fino ad arrivare alle orecchie di un giornalista, Maso Biggero, che la
raccontò ai componenti del gruppo vocale dei Marcellos Ferial; la
storia piacque e ne uscì fuori una canzone triste, struggente,
arrangiata a mò di marcetta militare, ma bellissima che decretò la
fortuna del gruppo.
A mettere in dubbio la storia e la vera
esistenza della bambina, ci fu proprio Marcello Minerbi, fondatore del
gruppo e autore della canzone, insieme allo stesso Biggero e a Carlo
Timo.
"Secondo me Angelita di Anzio non e’ mai esistita“- dichiarò
il Minerbi in un intervista del 1994 al ‘Corriere della sera"- "Pare, ma
siamo nella leggenda, che alcuni pescatori di Anzio, in seguito ai
cannoneggiamenti sulla costa, abbiano abbandonato la loro abitazione
dimenticandosi sulla spiaggia quella bambina di cinque o sei anni.
Quando vi fu lo sbarco, una truppa di soldati brasiliani la trovò e la
ribattezzò ‘Angelo’, tradotto poi in Angelita".
Nel 1979, Anno
mondiale dei bambini, in considerazione anche della popolarità assunta
dal fatto negli anni, il Comune di Anzio decise di inaugurare alla
memoria della bambina un monumento, opera di Sergio Cappellini, sul
lungomare nella Riviera Mallozzi.
La statua in bronzo, raffigura una
bambina attorniata da cinque gabbiani, a cui alza le braccia. Qualcuno
ritiene che quel gesto istintivo voglia significare la voglia di giocare
con loro, per altri è come un cercare un contatto con gli uccelli che
sembrano volerla portare lontano dalla guerra, dal dolore.
Insomma,
la storia di Angelita di Anzio vera che sia, oppure una leggenda del
tutto inventata, è diventata il simbolo di tutti quei bambini coinvolti
nelle atrocità della guerra.
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