Il vecchio cimitero ebraico di Praga
(in ceco Starý Židovský Hřbitov), fondato nel 1439, è uno dei monumenti
storici più significativi dell'antico quartiere ebraico praghese nonché
uno dei più celebri cimiteri ebraici in Europa.
È stato per oltre
300 anni, a partire dal XV secolo, l'unico luogo dove gli ebrei di Praga
potevano seppellire i loro morti. Le dimensioni attuali sono
all'incirca quelle medievali e nel tempo si è sopperito alla mancanza di
spazio sovrapponendo le tombe, perché il cimitero non poteva espandersi
fuori dal perimetro esistente. Durante l'occupazione tedesca, il
cimitero fu risparmiato: infatti, le autorità tedesche decisero che
sarebbe rimasto a testimonianza di un popolo estinto.
Secondo la
Halakhah, la tradizione "normativa" religiosa dell'Ebraismo, agli ebrei
è severamente proibito distruggere tombe ebraiche e, in particolare,
non è permesso che le lapidi vengano rimosse. La Halakhah proibisce
inoltre la cremazione. La sepoltura è considerata l'unica forma
accettabile di disposizione di una salma ebrea ed è vista nell'ebraismo
come misura finale di espiazione per la persona defunta. Gli ebrei,
infatti, seppelliscono per onorare, mentre bruciano per distruggere.
Perciò, quando lo spazio del cimitero venne esaurito sulle tombe
esistenti si sono accumulati altri strati di terra per seppellire i
nuovi corpi: le vecchie lapidi venivano tolte e riposizionate, insieme
alle nuove, al livello del suolo. Questo spiega perché le lapidi del
cimitero sono così "ammonticchiate" e vicine tra loro. Questo sistema ha
portato il cimitero ad avere in alcuni punti anche 12 strati di tombe,
anche se non di tutte è rimasta la lapide.
La densità di lapidi
tardogotiche, rinascimentali, barocche, l'una quasi contro l'altra, il
silenzio del luogo e la scarsa illuminazione (le lapidi sono quasi tutte
all'ombra, oscurate dalle fronde degli alti sambuchi che crescono nel
cimitero) creano un effetto unico con un'aura spettrale.
Le tombe
consistono esclusivamente di una lapide di arenaria o di marmo (quelle
più importanti) piantata nella terra. Nessun ritratto, perché la
religione ebraica lo vieta. Solo disegni simbolici per indicare la
professione o le qualità del defunto: forbici per sarti, pinzette per i
medici, mani che benedicono per i sacerdoti e poi tanti animali per chi
si chiamava Volpi, Orsi e così via.
Oggi si contano circa 12.000
lapidi, ma si ritiene che vi siano sepolti oltre 100.000 ebrei, la più
antica è quella di Avigdor Kara del 1439, l'ultima è quella di Moses
Beck del 1787.
Le personalità più importanti sepolte nel Vecchio
Cimitero Ebraico sono: Yehuda ben Bezalel, conosciuto come il rabbino
Maharal Löw (morto nel 1609), Kli YakarShlomo Ephraim di Luntchitz
(morto nel 1609), Mordechai Maisel (morto nel 1601), David Gans (morto
nel 1613) e David Oppenheim (morto nel 1736).
La tomba più visitata è
quella del rabbino Löw, dove i visitatori si fermano a pregare e
lasciano sulla lapide i tradizionali sassi, oltre a monete e biglietti
dove esprimono i loro desideri. La sua figura è da sempre associata alla
leggenda del Golem di Praga. Secondo questa leggenda il Golem è una
creatura di fango creata dal Rabbino Loew per difendere gli ebrei del
ghetto dalle persecuzioni.
Il Golem è una figura che potevano creare
solo i rabbini che conoscevano l'arte magica e usando le stesse
tecniche che Dio aveva creato per creare Adamo.
Il Golem di Praga è
un essere molto forte, ubbidiente ma privo di anima, che poteva essere
usato per lavori pesanti o per difesa degli ebrei perseguitati.
Il
Golem di Praga aveva sulla fronte incisa la parola "verità" (in ebraico
emet]) che il rabbino scriveva per risvegliare i golem da lui creati col
fango.
Quando i golem diventavano troppo grandi e ingestibili, il
rabbino cancellava la lettera e da emet, trasformando la parola sulla
loro fronte in "morte" (in ebraico met). Quando uno dei golem sfuggiti
al controllo combinò più guai del previsto, il rabbino smise di servirsi
dei Golem nascondendoli nella soffitta della Sinagoga Staronova di
Praga, dove secondo la leggenda si troverebbero ancora oggi.
La
statua del rabbino si trova davanti al municipio e mai nessuno, nazisti,
sovietici, graffitari e neanche i piccioni si permettono di sporcarla.
Si racconta anche che la tomba del rabbino resti pulita e immacolata,
nonostante nessuno la pulisca da secoli
Nel muro del cimitero sono
inseriti frammenti di lapidi gotiche provenienti da un cimitero ancora
più antico, conosciuto come "Il Giardino Ebraico", scoperto nella Città
Nuova, in via Vladislavova, nel 1866.
Al limitare del Vecchio
Cimitero troviamo la Sala delle cerimonie della Confraternita Funebre
Praghese, realizzata tra il 1906 e il 1908 su un edificio precedente. Si
tratta di una delle istituzioni più antiche di questo tipo, fondata dal
rabbino capo Eliezer Ashkenazy nel 1564. In ceco la Confraternita
funebre si dice chevra kaddisha e opera secondo una delle regole
religiose più importanti del giudaismo, che è quella di occuparsi della
sepoltura di ciascun membro della comunità senza distinzione alcuna.
Diventare membri dell'istituzione non era facile, però: potevano
aspirarvi solo personaggi di alto prestigio sociale. La Confraternita
aveva diversi compiti: dalla cura dei malati alla purificazione del
defunto (tahara), ai funerali e al conforto dei superstiti; inoltre
destinava le offerte ricevute ai meno abbienti della comunità,
sovvenzionava scuole e altri istituti come orfanotrofi nonchè si
occupava della manutenzione cimiteriale. Questa Casa delle Cerimonie non
servì a lungo: i cortei funebri partivano da qui per dirigersi al Nuovo
Cimitero ebraico solo fino alla prima guerra mondiale. Nel 1926 la
Confraternita affittò l'edificio al Museo Ebraico e attualmente vi è
allestita una mostra sul Vecchio Cimitero ebraico e sull'attività della
Confraternita funebre praghese (in particolare, risultano interessanti
le notizie sui metodi di cura dei malati, sulla cura del defunto, sulle
attività connesse al post-mortem; un ciclo di 15 quadri (del 1772)
illustra le attività dell'istituzione, a capo della quale stava a quel
tempo l'illuminato medico praghese Jonas Jeiteles (1735-1806).
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