venerdì 17 luglio 2015

95. "Baby Hope"

Fino al 2013, la lapide senza nome di una bimba di 4 anni riportava solo il nome di "Baby Hope" (Bambina Speranza): una lapide rimasta senza nome per ben 22 anni, nel cimitero di St. Raymond, nel Bronx.
Sulla pietra era stato attaccato una sorta di "volantino", dove si leggeva: "L'identità di questa bambina è ancora sconosciuta. Se avete informazioni si prega di chiamare l'1-800-577-TIPS"
Il 23 luglio 1991, degli operai trovarono il corpo decomposto di una bambina all'interno di una borsa frigo gettata vicino alla Henry Hudson Parkway a Manhattan.
Per la polizia, la lapide di "Baby Hope" è stata molto più di una semplice lastra di pietra, in questi anni. Per 22 anni, gli investigatori non hanno mai mollato
"Non avevamo intenzione di chiamarla Jane Doe", ha detto Jerry Giorgio, il detective incaricato del caso. Lui e gli altri investigatori raccolsero i soldi per la lapide, la seppellirono e per anni sono sempre andati a trovarla: "Siamo noi la sua famiglia", aveva detto il detective Giorgio quel giorno, "Stiamo seppellendo la nostra bambina".
Ad ottobre del 2013, Giorgio, che aveva ormai 79 anni ed era in pensione, ha finalmente ricevuto la telefonata che aspettava da tanti anni: la bimba, trovata legata e soffocata nella borsa frigo, era stata finalmente identificata.
"Era tutta sola", ha detto Giorgio della lapide, "ma ora ci sono altre lapidi su entrambi i lati, lapidi che portano i nomi di uomini e donne che sono arrivati qui dopo aver vissuto una vita piena"
Ai tempi della scoperta del cadavere, la polizia disse che la bambina doveva avere non più di 5 anni e gli investigatori tornarono spesso sulla tomba, spesso appostandosi da lontano, sperando di vedere qualcosa - o qualcuno - di insolito. Con la speranza che magari qualcuno si tradisse lasciando un messaggio o un segno. La polizia fece addirittura esaminare le impronte digitali lasciate sulla lapide, pensando che forse l'assassino poteva essersi recato a visitarla.
Ma niente, tutto fu vano.
Sulla lapide è inciso il distintivo della 34esima Squadra della polizia di New York, che ha indagato sull'omicidio, e scolpita sotto la data della scoperta del cadavere, si legge la frase, "Perché a noi importa".
Oggi, finalmente, alla bimba è stata restituita la sua identità.
"Baby Hope" è in realtà Anjelica Castillo, che è stata soffocata all'età di 4 anni, dopo aver subito abusi sessuali ed essere stata torturata. Il suo carnefice, Conrado Juarez, 52anni, è stato arrestato e condannato. Ha detto alla polizia di aver ucciso la cuginetta e di aver scaricato il suo corpo nei boschi all'interno di una borsa frigo. La scomparsa della bimba non è mai stata denunciata.
Grazie ad una soffiata, la polizia ha identificato la madre, una donna di origini messicane che ha vissuto a lungo nel Queens, a New York. Così si è scoperto anche il nome della piccola, e il 12 ottobre 2013 gli agenti hanno arrestato il suo assassino nel ristorante di Manhattan dove lavorava come lavapiatti.
Ad annunciarlo è stato il capo della polizia di New York, Ray Kelly. Juarez, originario del Bronx, all’epoca dell’omicidio aveva trent’anni. Interrogato dagli investigatori, ha confessato che quel giorno di luglio del 1991 arrivò nella casa dove Anjelica viveva con sette familiari ad Astoria, nel Queens. Stupro’ la bimba, e poi la soffoco’ con un cuscino. Quindi, chiamò la sorella Balvina, che si trovava in un’altra stanza e che nel frattempo è deceduta. Con il suo aiuto legò il corpicino, lo nascose in un sacco della spazzatura e lo infilo’ in una ghiacciaia blu da picnic, coprendolo con delle lattine di soda. Quindi, Juarez e la sorella presero un taxi e abbandonarono la borsa nei pressi della Hudson Parkway Highway, ritornando poi alle rispettive abitazioni.
Nessuno degli altri parenti che vivevano con la bimba sembrò accorgersi di nulla.
La svolta nelle indagini arrivò grazie ad una soffiata che portò a rintracciare la sorella di Anjelica, ormai adulta. Dopo diverse ricerche, gli investigatori sono arrivati anche alla madre, la cui parentela con la piccola è stata confermata dal test del Dna. La donna ha spiegato che non denunciò mai la sparizione perché aveva paura delle minacce del marito, che qualche mese prima se ne era andato di casa portandosi via altre due delle sue figlie.
«Sapete cosa vuol dire "essere al settimo cielo"? Ecco, è come mi sento in questo momento», ha detto l'ex detective Jerry Giorgio.
Il nome della bimba è stato inciso dove un tempo c'era il "volantino" con il numero verde per eventuali informazioni sulla sua identità.
Ora, finalmente, Anjelica può riposare in pace.







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