sabato 18 luglio 2015

107. La Cripta dei Cappuccini (Roma)

Ed oggi dedico uno spazio al posto che più di tutti mi affascina: la cripta dei Cappuccini a Roma. Da piccola, sono stata a visitarla diverse volte e ne sono rimasta innamorata: era la mia risposta fissa al "Cosa andiamo a vedere oggi?" di mio padre. Ci sono ripassata diverse volte, una volta grande, quando vivevo ancora a Roma, ma per qualche strana ironia della sorte, l'ho sempre trovata chiusa... Prima o poi, riuscirò a tornarci, nel luogo più affascinante che ci sia: intanto, provo a raccontarvelo un pò...

S. Maria della Concezione, più nota come "Chiesa dei Cappuccini", si trova su Via Veneto, non lontana da Piazza Barberini (fermata della metro A).
Fu edificata a poca distanza dal palazzo della famiglia Barberini, tra il 1624 e il 1630, per volontà di papa Urbano VIII, su progetto dell'architetto Casoni, in onore del fratello, cardinale Antonio Barberini, che faceva parte dell'ordine dei Cappuccini e la cui tomba è tuttora conservata all'interno della Chiesa stessa.
Formata da una piccola navata con 5 cappelle laterali per ogni lato è arricchita da reliquie, sepolcri illustri e importanti opere d'arte tra cui alcuni dipinti realizzati da Pietro da Cortona e dal Domenichino. In origine la Chiesa, che si trovava in una zona di campagna, comprendeva un campanile e un monastero. Dopo essere stati abbattuti per la realizzazione di Via Veneto e in seguito per la costruzione del Ministero dell'Industria, la stessa ha perso il suo contesto di carattere sub-urbano.
Ma la particolarità principale di S. Maria della Concezione è sicuramente legata all'annesso criptoportico ad essa adiacente, decorato con le ossa di almeno 4000 frati cappuccini morti tra il 1528 e il 1870 e recuperati dalle fosse comuni del vecchio cimitero dell'Ordine dei Cappuccini che si trovava nella Chiesa di Santa Croce e Bonaventura dei Lucchesi, ai piedi del Quirinale.
Nel 1631, infatti, i frati cappuccini - così chiamati per il "cappuccio" del loro abito religioso - lasciarono il convento di San Bonaventura vicino alla Fontana di Trevi e vennero a vivere a Santa Maria della Concezione, di cui rimangono solo la chiesa e la cripta. Il fratello del Papa ordinò loro di portare con sé nella nuova dimora i resti dei frati defunti.
Invece che limitarsi a seppellire i resti dei confratelli morti, i monaci decorarono le pareti delle cripte con le loro ossa: un modo per ricordare a se stessi che la morte poteva arrivare in qualsiasi momento e bisognava esser sempre pronti a incontrare Dio.
La scelta di decorare la cripta con le ossa, che potrebbe apparire lugubre e macabra, è in realtà un modo di esorcizzare la morte e di sottolineare come il corpo non sia che un contenitore dell'anima, e in quanto tale una volta che essa l'ha abbandonato il contenitore può essere riutilizzato in altro modo.
Nella cripta, composta da 5 cappelle unite da un corridoio, si trovano alcuni corpi di frati mummificati con indosso il saio, tipico vestito del loro ordine; di alcuni di essi si conosce addirittura il nome, ad esempio: tre piccoli scheletri sono i pronipoti di Urbano VIII, un altro è il principe Matteo Orsini vestito con il saio e ancora, la principessa Barberini che con la mano destra sorregge una falce e con la sinistra una bilancia, strumenti realizzati interamente con ossa. Il macabro percorso mette in evidenza i decori, di gusto rococò, tutti realizzati con gli innumerevoli elementi ossei delle varie parti del corpo, formano rosoni, lesene, stelle, fiori, festoni e persino lampadari e un orologio. I nomi delle piccole cappelle ricordano le ossa con cui sono stati realizzati i decori (dei bacini, dei teschi, delle tibie, dei femori ecc.).
L'ossario contiene una cripta di teschi, una cripta di ossa di gambe e una cripta di bacini (forse la più strana). Ci sono anche dei monaci mummificati, vestiti coi loro sai, appesi alle pareti e al soffitto.
Pare che la cripta sia stata la fonte d'ispirazione per l'Ossario di Sedlec, nella Repubblica Ceca.
Si dice che lo stesso marchese De Sade rimase fortemente colpito da tali composizioni e nel 1775 scrisse, "Non ho mai visto niente di più sorprendente."
Il motivo della realizzazione di questo particolare cimitero, certamente anteriore al 1793, non è nota, si ipotizza che la sua creazione sia opera di alcuni cappuccini fuggiti dalla Francia del XVIII secolo oppressa dall'Ancien Regime, come invece è possibile che sia solo un'opera dei cappuccini come inno alla vita ultraterrena e monito riguardo la brevità della vita o del corpo. Fra le tante supposizioni, che accompagnano questo cimitero, pare che lo stesso Urbano VIII avesse dato disposizioni affinché le piccole cappelle fossero pavimentate con la terra proveniente dalla Terra Santa, come pure l'apposizione della targa che si trova lungo il corridoio, su cui è scritto "Hic jacet pulvis, cinis et nihil", vale a dire: qui giace polvere, cenere e null'altro.
All'ingresso della cripta, invece c'è una targa con su scritto:
« Quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete. »
Anche Mark Twain scrisse riguardo alla cripta nel suo libro "Innocents Abroad" del 1869. Quando Twain chiese ad uno dei monaci che cosa sarebbe accaduto alla sua morte, il monaco rispose: "Noi tutti dobbiamo giacere qui, alla fine."

Un consiglio personale: se vi dovesse capitare di passare per di là, andateci. Ne vale davvero la pena.




























Nessun commento:

Posta un commento