Queste energie sono più intense in certi ambienti piuttosto che in altri e recenti studi hanno rilevato che antichi luoghi sacri sono stati costruiti lungo questi canali energetici. Ma chi e come ha scelto di innalzare un tempio in un determinato luogo piuttosto che in un altro, considerato che solo con la moderna tecnologia si è scoperto tutto questo?
L’architettura antica è molto diversa da quella odierna, innanzitutto si edificava non sopra la natura ma all’interno della natura stessa, in un caldo abbraccio vitale e benefico. Svariati erano i metodi per la scelta dei luoghi, a volte cruenti come nel caso dei romani che, dopo aver fatto pascolare alcune greggi in un campo, dopo averli uccisi ne controllavano il fegato e se in buono stato si decideva di dare l’avvio ai lavori. Altre volte i luoghi erano scelti in base al riposo degli animali in quanto si presupponeva fossero in stretto legame con la Terra, molto più dell’Uomo stesso. Ma spesso entravano in scena i cosiddetti “sensitivi”, che sceglievano il posto dove costruire il santuario. Queste persone con innate capacità sensoriali che permettevano di percepire queste particolari energie, nel passato erano i druidi o i “santoni del villaggio” e venivano spesso interpellati.
Il neo tempio, già pregno delle forze magnetiche, si arricchiva a sua volta dell’energia degli abitanti che lì si recava a pregare. Spesso vi era anche la vicinanza di una fonte d’acqua, elemento fondamentale per i rituali, come viene dimostrato dagli innumerevoli pozzi sacri presenti in Sardegna. In Gallura (la zona settentrionale) i numerosi siti sacri nuragici e prenuragici non si trovano in ambienti casuali, ma sono per la maggior parte eretti proprio su luoghi di intense forze telluriche.
Baluardi accumulatori di tali energie sarebbero proprio le Tombe dei Giganti, quelle strane costruzioni che ricoprono il territorio sardo, ma le possiamo trovare solamente in questa regione e in nessun’altra parte del mondo.
Sono costituite da un lungo corpo funerario entro il quale venivano riposti i corpi dei defunti. Sono l’evoluzione dei dolmen che si sarebbero “allungati” creando le tombe a corridoio chiamate ALLEES COUVERTES con l’aggiunta di un’area sacra delimitata da una serie simmetrica di lastre ortostatiche. Esse, a partire dalla stele centrale, la più alta, si espandono a semicerchio con altezze discendenti delimitando così una sorta di “piazza” davanti alla tomba, che ha il nome di ESEDRA.
Alla base dei menhir vi era quasi sempre un sedile che correva lungo tutta l’area sul quale gli officianti tenevano gli antichi rituali funerari. Inoltre vi era la presenza di betili, chiari richiami alla presenza di Dio.
L’entrata è formata da una grossa e alta lastra di pietra con una porticina che collegherebbe l’esterno con l’interno della tomba. Essa aveva il valore simbolico di unione tra il mondo dei vivi e l’oltretomba, alla cui base vi era un bancone sul quale venivano lasciate le offerte. Tutto questo ricorda la funzione della “falsa porta” egizia, elemento che in Sardegna si ritrova spesso anche nelle “domus de janas” (tombe scavate nella roccia). La falsa porta è il punto di contatto tra il mondo dei vivi e l’aldilà. Dinnanzi a questa finta apertura venivano poste le offerte di cui usufruiva la persona cara che da qui si sarebbe “affacciata” sulla Terra.
La porticina è talmente stretta che per un adulto risulta molto impegnativo passarvi attraverso, per cui essa doveva avere un ruolo esclusivamente simbolico e i defunti venivano calati dall’alto all’interno del corpo funerario. Il corpo funerario è composto da un lungo buio corridoio, metafora del cammino nell’oltretomba, alla fine del quale si trova il sepolcro vero e proprio con la presenza di lastre su cui venivano posti oggetti di vita quotidiana che l’anima del defunto avrebbe “utilizzato”.
Si chiamano tombe dei Giganti perché, secondo alcune leggende, prima dell’arrivo della civiltà nuragica, questi sepolcri ospitavano i resti dei giganti che in un lontano passato hanno camminato sulla Terra, idea in gran parte dovuta alla dimensione massiccia delle pietre utilizzate, alcune delle quali raggiungono l’altezza di 30 metri. Inoltre, le lapidi sarebbero resti del leggendario continente perduto di Atlantide.
In realtà le tombe ospitavano molti corpi, come dimostrano i ritrovamenti ossei di decine di persone che a volte sfioravano il centinaio! Non si sa dunque se fossero “fosse comuni” o tombe dedicate a persone importanti come non si conosce il rituale di sepoltura e non si sa se venivano inseriti direttamente i corpi o addirittura soltanto le ossa. Fatto sta che le tombe dei Giganti trasmettono un grande mistero dal punto di vista storico ma anche spirituale.
Mauro Aresu, il più importante studioso sardo di questo argomento, dopo aver a lungo studiato questa tipologia di monumenti, afferma che le tombe dei giganti costituiscono i punti più importanti di emanazione energetica al punto tale da avere la facoltà di “guarire” chiunque si rechi o si distenda al loro interno. La loro disposizione a semicerchio seguirebbe le linee energetiche telluriche catturandone il flusso di cui si impregnerebbero le stesse pietre (ecco perché per guarire è necessario distendersi sulla pietra, rituale presente in molte parti d’Italia) le quali, dopo averlo assorbito, lo avrebbero condotto come un filo elettrico verso la stele più alta che sarebbe così divenuta un autentico accumulatore.
Il corpo del defunto posizionato all’interno della tomba, avrebbe ricevuto un’energia tale da strappare la sua anima dal corpo, ricolma di nuova vita, quella della Madre Terra. Sarebbe insomma così risorta, tornando alla sua origine.
A nostro avviso una stele così alta avrebbe potuto infine lanciare l’anima verso il cielo, verso il ritorno a casa, culto non differente da quello egizio.
Dopotutto la forma della Tomba dei Giganti potrebbe ricordare neanche troppo alla lontana, una rampa di lancio verso l’alto. La linea dei menhir è curva, procede inizialmente con poca inclinazione per terminare la sua corsa verticale con grande slancio.
Mauro Aresu afferma inoltre che se viste dall’alto, le Tombe dei Giganti potevano sembrare teste di toro stilizzate. La figura del toro è molto diffusa in questa regione perché rappresentava la forza maschile in unione con la Dea Madre.
Il loro sacro incontro genera vita e dà l’energia all’anima perché possa riunirsi all’energia della terra. Presso le tombe dei giganti si presume che venissero svolti rituali legati al richiamo della vita e della rinascita, proprio nell’esedra ove vi era la presenza di sedili. Si cadeva in un sonno-trance per entrare in contatto con la divinità (rituale molto diffuso nella cultura greca) di cui si potevano ascoltare le volontà.
Un altro aspetto sorprendente è l’orientamento astronomico. La maggior parte delle Tombe dei Giganti hanno l’esedra orientata a Sud-Est, cioè la direzione dell’alba durante il solstizio d’inverno. La Tomba dei Giganti di S’Ena e Thomes è invece orientata a Sud, forse in relazione con il tramonto del solstizio d’estate. Ma c’è di più. Una ricerca di tre studiosi dell’Osservatorio Astronomico di Brera (L. Marchisio, A. Manara e A. Gaspani) ha infatti svelato che la Tomba dei Giganti S’Ena e Thomes ha l’azimut astronomico di orientamento del suo asse assolutamente identico a quello della Tomba dei Giganti Goronna (a Paulilatino, in provincia di Oristano) e a quello di Baddu Pirastru (a Thiesi, in provincia di Sassari). Le tre Tombe dei Giganti, inoltre, sembrano essere orientate verso la stella Aldebaran, della costellazione dei Toro.
Queste tombe così accurate dal punto di vista architettonico, testimoniano il grande rispetto che la civiltà nuragica nutriva nei confronti della morte e della vita dell’oltretomba. L’enorme fatica umana che queste costruzioni così imperiose ci dimostrano, i rituali, i grossi calcoli e le conoscenze nell’erigere i monumenti in precisi luoghi energetici, tacitamente ci narrano l’importanza dei popoli nuragici e prenuragici per il sacro. Questi popoli tanto primitivi non lo erano, anzi più di noi comprendevano il senso della vita. E noi dobbiamo saperli osservare per capire quel significato della nostra esistenza che abbiamo perso nel corso della storia.
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