La statua funeraria della Bimba che
aspetta – così chiamata perché raffigurata in attesa della madre ormai
morta – si trova nel Cimitero di Viareggio e adorna l’edicola metallica
della famiglia Barsanti-Beretta, edificata nel 1895 lungo l’antico muro
di cinta a meridione confinante con il cimitero ebraico.
La statua,
realizzata nel 1895 dallo scultore carrarese Ferdinando Marchetti, fu
ideata dal committente Eugenio Barsanti, tra i fondatori del Partito
Repubblicano viareggino, per commemorare la giovane moglie Clorinda
Beretta ispirandosi alla poesia Tutto ritorna di Giovanni Prati.
La
sua eleganza e intimità contrastano con la monumentalità pretenziosa e
fredda delle più lussuose cappelle confinanti. Per accedere al suo
ingresso ci sono quattro scalini di marmo bianco. Seduta su uno di essi
c’è la statua. Il braccio sinistro, che poggia col gomito sul ginocchio
leggermente rialzato, è piegato a sorreggere il mento col palmo della
mano. Il braccio destro è disteso lungo il vestito e la mano stringe una
ghirlanda di fiori. I bei capelli inanellati sono legati da un nastro
che forma un fiocco sulla sommità del capo, reclinato in avanti. La
bambina porta un vestito lungo fino ai piedi, ricoperto da una piccola
mantella dal collettino smerlato. S’intravedono le scarpette a punta. La
bimba Paolina – così recita la leggenda – è diventata di marmo per aver
atteso giorni e notti, al freddo, il ritorno a casa della mamma morta.
L’edicola metallica, che versava in condizioni fatiscenti, è stata
ricostruita intorno al 1990 dalla ditta di Alberto Gragnani. Rispetto
alla struttura originaria, si evidenzia la perdita della balaustra
divisoria con la fila di tombe adiacenti all’edicola che accentuava il
senso di raccoglimento emanante dalla piccola statua funeraria.
Il
committente Eugenio Barsanti, nato a Viareggio nel 1863 e morto
ottantottenne nel 1951, fu un personaggio molto conosciuto nella società
viareggina dell’epoca, sia per la sua attività politica (fu l’esponente
di maggior spicco del partito repubblicano viareggino), sia per il suo
mestiere di fabbro ferraio, in cui egli profuse il suo spiccato talento
artistico che è ben evidenziato nell’edicola funeraria di famiglia
costruita su suo disegno. Rimasto presto orfano del padre, imparò
presumibilmente il mestiere dallo zio Giuseppe Barsanti, titolare di
un’importante bottega di lavorazione artigiana del ferro che aveva sede
in Darsena.
Nel 1884 Eugenio Barsanti sposò Clorinda Beretta, nata a
Viareggio nel 1865, ultima di sette sorelle morte tutte in giovane età
(specchio dell’alto tasso di mortalità dell’epoca), da cui ebbe sei
figli. La primogenita, Paolina, morì nel 1887 a soli due anni: la
statuetta raffigurante un putto orante – celebre e replicatissimo
modello dello scultore fiorentino Luigi Pampaloni, attivo nella prima
metà dell’Ottocento – oggi conservata all’interno dell’edicola, fu
probabilmente realizzata per la tomba della bambina.
Clorinda
Beretta morì non ancora ventinovenne nella primavera del 1894 e fu
sepolta accanto alla prima figlia; l’anno dopo fu portata a compimento
l’edicola.
Secondo il racconto unanime degli eredi e degli amici del
committente, per la statua della Bimba che aspetta posò la terzogenita,
anch’essa di nome Paolina, che all’epoca aveva sei anni. Si pensi a
questa figura femminile che, nel corso degli anni – adolescente, donna
matura, anziana signora – continua a vedere sé stessa bambina, ritratta
nella statua di marmo, come confinata da una sorta d’incantesimo
crepuscolare nel periodo forse più doloroso della propria esistenza. E
in effetti, nel ricordo di chi la conobbe, la figura di Paolina Barsanti
è sempre stata avvolta in un velo di malinconìa. Ricamatrice di
professione, dopo un lungo soggiorno a Milano, morì a Viareggio nel
1971.
Sul motivo originario della bimba che attende la madre ormai
morta si sono innestate alcune aggiunte o varianti – a volte narrate
come fatti realmente accaduti, altre volte con la consapevolezza che si
tratta di rielaborazioni leggendarie. Appartiene al nucleo degli
avvenimenti raccontati come veritieri la versione secondo la quale la
bimba sarebbe anch’essa morta mentre attendeva la madre. Una variante
diffusa è che la bimba sia stata ritrovata priva di vita proprio sugli
scalini dell’edicola dove soleva restare in raccoglimento dopo la morte
della mamma. Un’informatrice narra di un incontro avvenuto intorno al
1980 presso l’edicola con un’anziana signora la quale si presentò come
una parente della famiglia Barsanti – di cui non è stato possibile
accertare l’identità – e raccontò che la bimba era stata così
raffigurata perché approssimandosi la morte della madre e volendo
evitare alla piccola il momento del trapasso la nonna disse alla
nipotina di andare a sedersi sulle scale perché avrebbe visto la mamma
passare con gli angeli per andare in cielo. Curiosa è la versione che
descrive la bimba come una sorta di Cenerentola perseguitata dalla
matrigna che un giorno viene trovata morta sulla tomba della mamma dove
si recava ogni giorno a cercare conforto. Non mancano neppure storie
ammonitrici della più pura tradizione popolare come quella secondo cui
la bimba, disobbedendo alla mamma, si era allontanata da casa, la madre
per il dolore era morta e la bimba, pentita e affranta, era ritornata da
lei troppo tardi. Vi sono poi i racconti di natura dichiaratamente
fiabesca come quello secondo cui la bimba a forza di attendere la madre
sulla soglia dell’edicola si trasformò in statua.
Nel corso della
ricerca si è manifestato un ulteriore enigma relativo alla scultura
funeraria. Si tratta di una poesia ad essa strettamente collegata
(dialogo tra la bimba e un passante):
Che fai bambina mia su quella porta
guardando da lontan per quella via?
Ah, se sapessi, quando la fu morta
e la portaron via di là la mamma mia
e mi han detto che di là deve tornare
e son qui da tanti anni ad aspettare!
Cara bambina mia ma tu non sai
che i morti al mondo non ritornan mai?
Tornan nel vaso i fiorellini miei,
tornan le stelle, tornerà anche lei!
I versi corrispondono a una poesia di Giovanni Prati (1814-1884) dal
titolo Tutto ritorna, che anticipa di circa mezzo secolo la scultura
della Bimba che aspetta e può quindi a tutti gli effetti esserne stata
fonte di ispirazione.
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