A San Zanipolo vi sono circa 150 tombe
tra pavimentali ed esterne, oltre 37 monumenti funerari; entrando e
girando verso la navata destra, ci si trova di fronte a quello di
Marcantonio Bragadin. È l’eroe per antonomasia della millenaria gloriosa
storia militare veneziana. Difese Famagosta, l’ultima roccaforte
nell’isola di Cipro.
Nel 1571, dopo mesi d’assedio turco a
Famagosta, fu catturato con l’inganno da Lala Mustafà Pascià, comandante
dell’armata Ottomana che, oltre a non mantenere la parola data – quella
di riconsegnare i prigionieri ai Veneziani in cambio di un riscatto –
gli propose di abbracciare la religione islamica in cambio della vita.
Marcantonio rifiutò; così gli furono mozzati naso e orecchie, quindi
rinchiuso per dodici giorni in una minuscola gabbia lasciata al sole,
con pochissima acqua e cibo. Al quarto giorno i Turchi gli proposero la
libertà se si fosse convertito all'Islam, ma Bragadin rifiutò. Il 17
agosto del 1571, tratto già quasi esanime dalla prigionia e con gravi
ustioni sul corpo, fu appeso all'albero della propria nave e massacrato
con oltre cento frustate, quindi costretto a portare in spalla per le
strade di Famagosta una grande cesta piena di pietre e sabbia, finché
non ebbe un collasso. Fu quindi riportato sulla piazza principale della
città incatenato a un'antica colonna e qui scuoiato vivo a partire dalla
testa. Spirò quando i carnefici giunsero all’altezza della cintola.
Le sue membra squartate vennero distribuite tra i vari reparti
dell'esercito e la pelle, riempita di paglia e ricucita, venne rivestita
delle insegne militari e portata a cavallo di un bue in corteo per
Famagosta. Il mostruoso fantoccio, con in testa il cappello da
comandante, fu poi appeso al pennone della nave ammiraglia di Mustafà,
che lo portò in trofeo a Costantinopoli dove venne infine esposto al
pubblico ludibrio nell’Arsenale.
La fama del Bragadin si deve
all'incredibile resistenza che seppe opporre all'esercito che lo
assediò, dato il rapporto delle forze in campo, nonché all'orribile
scempio cui fu sottoposto dopo la resa della sua città. Dal punto di
vista militare, la tenacia ed il protrarsi della resistenza degli
assediati capitanati dal Bragadin richiese un ulteriore impiego di forze
da parte turca e tenne impegnati gli assedianti per un lungo periodo,
tanto che la Lega Santa ebbe il tempo di organizzare la flotta che
avrebbe sconfitto quella ottomana nella battaglia di Lepanto.
Nel
1580 il marinaio veneziano Girolamo Polidoro, su incarico della famiglia
Bragadin, riuscì a rubare quella pelle, svuotarla, piegarla
pietosamente e riportarla finalmente in patria, dove fu inumata prima
nella chiesa di San Gregorio e poi, il 18 maggio 1596, in quella dei SS.
Giovanni e Paolo (o chiesa di San Zanipolo), posta in una cassettina di
piombo in un incavo nel retro dell’urna, dove si trova ancora oggi.
Nel 1961 venne riesumata e analizzata; una macabra cronaca dell’epoca così la descrive:
“Era piegata in ampiezza di un foglio di carta, salda e palpabile come
fosse pannolino; vi si vedevano i peli del petto ancora attaccati, e
alla mano destra, le dita non compiute di scorticare, con le unghie che
sembravano ancora vive”.
L’architettura classicheggiante del
monumento funebre dedicato a Bragadin è attribuita a Vincenzo Scamozzi.
L’affresco a chiaroscuro attorno alla tomba, raffigurante il Martirio
del Bragadin, è attribuito da alcuni a Giuseppe Alabardi, da altri a Fra
Cosimo Piazza, cappuccino; mentre il busto dell’eroe è di un discepolo
di Alessandro Vittoria.
onore perpetuo ha marcantonio bragadin punto giulia@ottavianoaugusto.
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