lunedì 31 agosto 2015

233. "Vittime. Non lo siamo tutti?"

Brandon Bruce Lee (李國豪T, Lǐ GuóháoP; Oakland, 1° febbraio 1965 – Wilmington, 31 marzo 1993) nasce ad Oakland, in California, il 1° febbraio del 1965, primogenito dei due figli di Bruce Lee e di Linda Emery (nota in seguito come Cadwell, cognome ricevuto dal suo terzo marito, Bruce Cadwell). Suo padre è di origine cinese, mentre sua madre è di origini svedesi ed inglesi. Tre mesi dopo la nascita di Brandon, i Lee si trasferiscono dapprima a Los Angeles ed in séguito, nel 1971, a causa degli impegni lavorativi del padre, ad Hong Kong, all'epoca ancora una colonia britannica, dove il giovane Brandon impara il cantonese.
Nonostante un'infanzia piuttosto tranquilla, a 8 anni, Brandon deve fare i conti con la tragica morte del padre. A séguito della tragedia, assieme a sua madre e sua sorella Shannon, torna negli Stati Uniti d'America, trasferendosi a Seattle, città natale di Linda (e dove Bruce Lee viene sepolto) e poi a Los Angeles, nel sobborgo di Rolling Hills.
Brandon frequenta la scuola superiore presso la prestigiosa Chadwick School ma viene espulso per insubordinazione tre mesi prima del diploma, riuscendo poi comunque a conseguirlo. Terminati gli studi, inizia ad interessarsi alla recitazione e nel 1983 si iscrive all'Emerson College di Boston. Dopo un anno, si sposta a New York e diviene membro dell'American New Theatre, gruppo teatrale fondato dal regista, nonché suo amico, John Lee Hancock. Il giovane Brandon, che già da bambino ha iniziato a praticare le arti marziali sotto la guida del padre, continua a prendere lezioni da Dan Inosanto, uno dei più grandi allievi di Bruce Lee, studiando, tra i vari stili, il Jeet Kune Do, arte sviluppata dal suo noto genitore.
Nel 1985 Brandon fa ritorno a Los Angeles e nello stesso anno esordisce nel mondo cinematografico, ottenendo una piccola parte in "The Crime Killer" di George Pan-Andreas, nel ruolo di un gangster. Nel 1986, mentre lavora come impiegato presso la Ruddy/Morgan Production di Los Angeles, conosce Lyn Stalmaster, direttore del casting, che, dopo un provino, lo sceglie per una parte nella film TV "Kung Fu: The Movie", nei panni del personaggio di Chung Wang, figlio di Kwai Chang Caine, interpretato da David Carradine. Il film è ispirato alla serie televisiva degli anni settanta "Kung Fu" alla quale avrebbe dovuto partecipare il padre Bruce nei panni del protagonista Caine, ruolo affidato invece a Carradine.
Nello stesso anno Brandon si reca ad Hong Kong per le riprese del suo primo film da protagonista, "Legacy of Rage". Nel 1987 interpreta Johnny Caine in "Kung Fu: The Next Generation", seguito di "Kung Fu: The Movie". Brandon fa poi un'apparizione nella serie televisiva "Ohara" (1988), interpretando Kenji, figlio di un boss della Yakuza. Recita successivamente in "Laser Mission" (1990), registrato in Sudafrica nel 1988.
Nel 1991, è co-protagonista assieme a Dolph Lundgren in "Resa dei conti a Little Tokyo", film che non riscuote il successo sperato, ma che permette a Brandon di firmare un contratto con la 20th Century Fox. Nel 1992 interpreta lo studente Jake Lo in "Drago d'acciaio", in cui Brandon partecipa anche alla realizzazione delle coreografie. Per questo film si reca in tour promozionale anche a Roma, dove viene intervistato dallo sceneggiatore ed esperto di cinema kung-fu Lorenzo De Luca, già autore di alcuni libri sul padre. Parte di quell'intervista è udibile nel documentario "L'urlo di Chen terrorizza ancora l'Occidente" del 2010, realizzato dallo stesso De Luca.
Nonostante sia divenuto celebre nell'ambiente del cinema di arti marziali, Brandon è ancora insoddisfatto a livello professionale e il continuo accostamento mediatico alla figura del padre lo rende sempre più demotivato. Lui stesso definisce "stupidi" i film d'azione girati fino a quel momento e, a sua detta, ha avuto modo di farli solamente perché è il figlio di Bruce Lee. Per questo l'attore si rifiuta da quel momento di recitare in altri film del genere, sperando di trovare un ruolo in cui non conti solamente l'azione.
Nel 1993, il giovane attore viene scelto per interpretare Eric Draven nel film "Il Corvo" ("The Crow") di Alex Proyas, basato sul fumetto omonimo. Questo è l'unico film in cui finalmente l'attore non deve fare sfoggio di arti marziali e per lui è una notevole soddisfazione personale, non sopportando il fatto di essere etichettato come il "figlio di Bruce Lee" e deciso a dimostrare che lui è diverso da suo padre. "Il Corvo" lo rende famoso in tutto il globo, ma, ironia della sorte, gli costa la vita. Brandon viene ferito erroneamente da un colpo di pistola mentre sta effettuando le riprese... Ma come andarono davvero le cose?
Beh... Prendete un’arma, una 44 magnum, tanto per non scherzare. Non c’è nulla di strano a trovarla sul set, perché tutti sanno che nelle scene di un film, dove c’è un conflitto a fuoco, dove qualcuno spara, si usano pistole vere. Piuttosto, dentro, si mettono pallottole finte, quelle che in gergo si chiamano “dummies”.
Non è un problema che preoccupa la troupe, il regista, e tanto meno gli attori, perché ci pensa l’esperto d’armi pagato dalla produzione.
Solo che quel giorno, per risparmiare sulle spese, l’esperto, Jim Moyer, l’hanno mandato a casa prima dell’ultimo ciak, dove il copione dice che Funboy (interpretato da  Michael Massee) prende la mira e fa fuoco su Eric Draven, il protagonista del film.
Proprio una bella idea, quella di risparmiare sul budget, facendo a meno del tizio che controlla caricatore e carrello, cartucce e grilletto. Se ne sarebbero andati almeno cento dollari di straordinario! Il problema è che qualcuno, il giorno prima, ha maneggiato la 44, ha pure incastrato un colpo in canna senza rendersene conto. Poi ha ricaricato con le dummies, ma non preparate dal tecnico. Sono andati a comprare pallottole vere, gli hanno levato il proiettile per buttare la polvere da sparo e poi ce l’hanno rimesso. Anche qui il budget ci ha guadagnato qualche dollaro.
E’ il 31 marzo 1993, e la scena si svolge negli studi di Wilmington, Nord Carolina. Sono passate otto settimane dall’inizio della lavorazione, e mancano otto giorni prima di chiudere tutto e passare al montaggio. Il titolo del film l’hanno già deciso, “Il Corvo”, ma il suo protagonista, Brandon Lee, non ci sarà alla prima, a prendersi critiche e applausi, a godersi il meritato successo. Non ci sarà a vedere il film da lui interpretato trasformarsi in un cult mondiale.
"…Lo vidi crollare, con un lamento. Il foro del proiettile mi parve perfettamente simulato e il sangue era forse fin troppo abbondante, ma nel complesso la scena era riuscita a meraviglia e dopo aver gridato 'stop' dissi che ne avremmo girata un'altra, più che altro per sicurezza".
È quello che racconta agli investigatori Alex Projas, il regista del film. E quando la troupe, gli attori e tutti quelli che stanno sul set cominciano a muoversi, preparandosi al nuovo ciak, Brandon Lee rimane immobile, a terra.
"Pensai che avesse voglia di scherzare, anche se la cosa era piuttosto strana perché sul lavoro Brandon era di una professionalità e di una serietà estrema, ma visto che non si muoveva, mi avvicinai a lui. Notai che la macchia di sangue continuava ad allargarsi. Troppo liquido rossastro, per essere solo quello contenuto nel piccolo contenitore di plastica che Brandon avrebbe dovuto rompere simulando il ferimento e la caduta. Mi chinai, toccai con il dito quel liquido. Era tiepido e denso, come sangue...”.
Non era previsto che le cose andassero così. Michael Massee, l’attore che impersonava Funboy, doveva sparare all’addome di Eric Draven, da una distanza di circa cinque metri. Fingendo d’essere colpito, Eric sarebbe allora caduto a terra azionando un dispositivo nascosto sotto la camicia e facendo così scoppiare una piccola sacca, colma di un liquido rosso e vischioso.
Ma Brandon Lee continua a non muoversi, e allora si capisce che è successo qualcosa di grave. C’è Eliza Hutton, l’assistente di studio, che inizia a gridare. Grida perché ha paura, ma grida soprattutto perché lei, quel ragazzo, con una macchia di sangue che si allarga sulla camicia, lo deve sposare tra pochi giorni. Poi tutti cercano di soccorrerlo, di tamponare la ferita.
Arriva l’ambulanza, che parte con le sirene spiegate verso il New Hanover Regional Medical Center, poi dritto in sala operatoria. Ma non c’è nulla da fare, perché un frammento di proiettile gli ha trapassato l’addome, lacerando organi e vasi sanguigni e causando un’emorragia inarrestabile.
Sul referto dell’autopsia lo si legge chiaro: “GSW of abdomen”, dove GSW sta per "gunshot wound", ferita d’arma da fuoco.
Un dramma incomprensibile, una leggerezza inaccettabile. Soprattutto perchè Brandon, morto a soli 28 anni, era figlio della leggenda delle arti marziali, quel Bruce Lee scomparso nel 1973, che pure se n’era andato giovane, a 32 anni, con una morte che aveva lasciato molti dubbi.
Dopo una giornata di lavoro, era crollato dopo aver preso un farmaco antidolorifico, qualcosa per il mal di testa, a base di aspirina, che gli aveva procurato una reazione allergica, fino ad un edema cerebrale acuto. Un fatto certamente possibile, ma di sicuro non frequente.
E allora non erano stati in pochi a sostenere l’ipotesi dell’omicidio camuffato da incidente. Magari c’era dietro la mafia cinese, perché lo “Hei Shou Dang”, il Partito della Mano Nera, non aveva mai accettato che un orientale come Bruce  familiarizzasse in modo così palese con gli “americani”, fino a diventarne un idolo.
Il 3 aprile del 1993 Brandon Lee viene sepolto nel cimitero di Lake View, nella tomba di famiglia, accanto al padre. Sulla sua lapide, si legge:

"Brandon
Bruce Lee

Feb. 1, 1965
Mar. 31, 1993

'Because we don't know when we will die, we get to think of life as an inexhaustible well. Yet everything happens a certain number of times, and a very small number, really. How many more times will you remember a certain afternoon of your childhood, some afternoon that's so deeply a part of your being that you can't even conceive of your life without it? Perhaps four or five time more. Perhaps not even that. How many times will you watch the full moon rise? Perhaps twenty. And yet it all seems limitless.'
                                                                                                                    For Brandon and Eliza
'Ever Joined in True Love's Beauty'."

('Siccome noi non sappiamo quando moriremo, arriviamo a pensare alla vita come un inesauribile pozzo. Eppure tutto accade un certo numero di volte, ed è un numero molto piccolo, davvero. Quante altre volte ti ricorderai di un determinato pomeriggio della tua infanzia, qualche pomeriggio che è così profondamente parte del tuo essere che non riesci neanche a immaginare la tua vita senza di esso? Forse quattro o cinque volte. Forse nemmeno quelle. Quante volte guarderai il sorgere della luna piena? Forse venti. Eppure tutto sembra senza limiti. ')

“Il Corvo” l’avevano terminato utilizzando le riprese già effettuate e grazie ad un abile montaggio, con l'aggiunta di un costo di 8 milioni di dollari. In totale vennero spesi 15 milioni di dollari per creare il film.  Alla sua uscita, Il corvo ebbe un successo enorme, sia di pubblico che di critica, incassando  ben 170 milioni di dollari. Ma Brandon Lee non lo seppe mai. Lui non c'era. Un incidente? Un delitto ? Cosa sappiamo veramente della morte di Brandon Lee?
Sappiamo che Michael Massee, alias Funboy, fu totalmente scagionato. Lui non sapeva che l’arma fosse letale.
Sappiamo che la pellicola di una telecamera che riprendeva la scena dello sparo è scomparsa. Proprio quella dell’inquadratura migliore, quella che avrebbe potuto far luce sulla dinamica dei fatti.
Sappiamo che la produzione offrì alla famiglia della vittima un cospicuo risarcimento, e questo pose fine ad ogni ulteriore indagine.
Sappiamo che cento dollari di spese sul budget, alla voce “straordinari”, probabilmente sarebbero stati soldi ben spesi.









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