Aokigahara si formò dopo l'eruzione del monte Nagaoyama, un vulcano parassita del Fuji. Il flusso di lava ha creato un terreno cavernoso caratterizzato da una fitta vegetazione, costituita principalmente da boschi di conifere e cipressi, alberi decidui e numerosi arbusti.
Nel momento in cui uno fa un passo dentro Aokigahara, diventa subito evidente che qualcosa non va.
La prima cosa che si può notare è il silenzio sconcertante.
La densità degli alberi riesce a isolare l’area dal sole e dal vento, producendo un’oscura coperta di quiete, che viene ulteriormente aggravata dalla curiosa mancanza di fauna selvatica nella zona. Non si ode nessun cinguettio o altro rumore comunemente prodotto dagli animali, è un silenzio che più che rilassare mette inquietudine, come se tutta la fauna avesse voluto evitare questo luogo o si stesse nascondendo da qualcosa. La foresta appare all'occhio del visitatore quasi inaccessibile, dando la percezione a coloro che si addentrano nei suoi sentieri di non trovare più la via d'uscita. Questo ha reso il luogo molto popolare per le persone determinate a porre fine alla loro vita in solitudine. Nonostante questo, la foresta è meta gradita di escursionisti, ciclisti e amanti dell'avventura. I visitatori che si addentrano nella foresta con l'intenzione di ritrovare la strada del ritorno, segnano il loro percorso con del nastro adesivo, che lasciano dietro di sé per ritrovare la via del ritorno, tecnica poco gradita ai vari ranger che si occupano della protezione del parco. La foresta è infatti per buona parte designata come zona protetta, dove è fatto divieto danneggiare la vegetazione.
Definito "il luogo perfetto per morire", la foresta di Aokigahara (Giappone) ha la sfortunata particolarità di essere il secondo posto più popolare al mondo per togliersi la vita (il primo è il Golden Gate Bridge di San Francisco, in California). Le statistiche variano di anno in anno, ma è documentato il fatto che, partendo dal 1950, si siano verificati una media di 30 suicidi all'anno, con un tasso sempre crescente.
Nel 2002, sono stati ritrovati 78 corpi all'interno della foresta, superando il precedente record di 74 del 1998.
Nel 2003 il numero è salito a 105 e da allora il governo locale ha smesso di rendere note le statistiche nel tentativo di non danneggiare l'immagine di Aokigahara associandola al suicidio.
Nel 2004, 108 persone si sono uccise nella foresta. Nel 2010, 247 persone hanno tentato il suicidio e 54 di loro hanno portato a termine il proprio intento. Le statistiche indicano l'apice dei suicidi nel mese di marzo, la fine dell'anno fiscale in Giappone, riconducendo la maggior parte dei gesti estremi a ragioni economiche.
A partire dal 2011, i mezzi più usati per togliersi la vita nella foresta sono l'impiccagione e l'overdose da farmaci.
L'alto tasso di suicidi ha portato i funzionari a posizionare dei cartelli nella foresta, in giapponese e in inglese, invitando coloro che si sono recati lì per suicidarsi a chiedere aiuto a degli specialisti.
Dal 1970 si è costituita una speciale ronda, composta da ufficiali di polizia, volontari e giornalisti, addetta alla ricerca e alla rimozione dei corpi.
Il luogo deve la sua popolarità al romanzo del 1960 Nami no tō di Seichō Matsumoto, che narra le vicende di due amanti che finiscono entrambi suicidi nella foresta. Tuttavia sembra che i suicidi siano cominciati già prima della data di pubblicazione del romanzo e che il nome di Aokigahara sia stato associato ai suicidi già dal XIX secolo, quando gli ubasute (letteralmente "abbandono di una donna anziana") andavano a morire nella foresta, trasformandosi in yūrei ("spiriti arrabbiati") che ancora si dice infestino l'area.
Gli spiritisti giapponesi ritengono che i suicidi commessi nella foresta abbiano permeato gli alberi di Aokigahara, generando attività paranormali che impediscono a molti di quelli che entrano nella foresta di uscirne. A complicare ulteriormente le cose c'è anche il fatto che all'interno della foresta le bussole diventano assolutamente inutilizzabili, a causa dei ricchi giacimenti di ferro magnetico nel terreno vulcanico della zona.
Data la vastità della foresta, è improbabile che i visitatori disperati incontrino qualcuno una volta all'interno del cosiddetto "mare di alberi", perciò la polizia ha posizionato ovunque dei cartelli con scritte del tipo "La tua vita è un dono prezioso dei tuoi genitori. Pensa a loro e al resto della tua famiglia. Non devi soffrire da solo" oppure "Si prega di consultare la polizia prima di decidere di morire!". Segue un numero verde da chiamare in caso di bisogno di aiuto. Sparse intorno alla zona vi sono diverse cabine telefoniche.
Questo non scoraggia però le persone determinate a suicidarsi in questa fitta foresta.
Gli abitanti del posto dicono che si possono facilmente individuare i tre tipi di visitatori della foresta: i "Trekkers", interessati a vedute panoramiche del Monte Fuji; i curiosi, che vanno in cerca di un assaggio del macabro; e quelli che invece entrano nella foresta per non uscirne più.
L'impatto dei suicidi sulla gente del posto e gli operai forestali è forte. Per le guardie forestali è ancora peggio che per la polizia, perché sono loro che devono portare i corpi fuori dalla foresta, fino alla stazione locale, dove le salme vengono messe in una stanza utilizzata apposta per ospitare i cadaveri dei suicidi. Le guardie forestali giocano poi a Jan-ken-pon-rock (carta, forbici e sasso) per vedere chi deve restare a dormire nella stanza con il cadavere: si ritiene infatti che lasciare i cadaveri dei suicidi da soli porti i Yurei ad urlare per tutta la notte e i corpi stessi a muoversi per conto proprio.
La gente uscita dalla foresta racconta spesso di aver udito urla raccapriccianti. Uno scrittore del Japan Times disse di aver sentito un urlo terrificante nella foresta e di essere andato alla ricerca della fonte del rumore, imbattendosi infine nel cadavere di un uomo alla base di un albero. Un rapido esame aveva però rivelato che l'uomo era morto già da tempo.
Altro segno distintivo della foresta è costituito dai numerosi avvistamenti di fantasmi : molti dei visitatori sostengono infatti di aver visto delle figure bianche vagare tra gli alberi.
Data la sua vicinanza al Monte Fuji, Aokigahara è considerato un luogo molto spirituale. I monaci buddisti hanno creato diversi altari nella foresta per cercare di combattere gli spiriti maligni che infestano la foresta, gli spiriti delle persone che si sono suicidate e che portano i vivi a suicidarsi a loro volta. Un monaco buddista di nome Kyomyo Fukui, che era in visita alla foresta per costruire un altare, disse al New Zealand Herald: "Gli spiriti richiamano qui la gente perché si uccida. Sono gli spiriti delle persone che si sono suicidate prima".
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