sabato 11 gennaio 2020

250. Doodletown

I June avevano chiamato Bear Mountain State Park per far loro sapere che ci sarebbe stato un altro funerale a Doodletown. Arthur June era morto il 31 marzo, a 72 anni. Era nato qui, a Doodletown, e ora la sua famiglia lo stava riportando nella terra che amava.
In questo borgo abbandonato nella parte settentrionale dello stato di New York, non ci vive più nessuno dal 1965, ma i June, e altri ex residenti e discendenti, mantengono ancora i diritti di famiglia nei vecchi cimiteri nascosti tra i boschi di Bear Mountain, sul fiume Hudson.
Il cimitero era di proprietà di Caleb June (1802-1879), uno scapolo. Nel testamento di Caleb del 3 gennaio 1872, la terra passò ai nipoti e ai loro eredi. La Palisades Interstate Park Commission mantiene l'accesso a questo cimitero privato sul lago.
Accompagnato da una pioggia leggera, il corteo funebre sale lungo il tortuoso passo di montagna fino a Doodletown. Gli impiegati del parco aprono il cancello di Lemmon Road, un vicolo cieco, quasi invisibile per i passanti, che sigilla le rovine della città dal traffico automobilistico indesiderato. A parte alcune fondamenta, il Second June Cemetery - intitolato a due antenati di Arthur, Ithiel e Charity - è una delle uniche cose che lo stato non ha demolito appena i June hanno lasciato Doodletown.
Il parco mantiene la strada, in particolare per i funerali, ma è un sentiero irregolare, mezzo pavimentato e mezzo no, che sfuma in rocce e fogliame, fiancheggiato da cespugli e vecchie pareti rocciose costruite dagli antenati dei June, che risalgono alla fondazione di Doodletown, nel 1762. I fili elettrici in disuso, che sono stati installati solo nel 1946, ora sembrano vigne artificiali ingoiate dalla natura.
La processione di Arthur scende lungo un sentiero tortuoso e stretto, fino a quando il fango dei primi di aprile la costringe a fermarsi. Il cimitero, oltre gli alberi, è ancora a circa 50 metri di distanza. Gli impiegati del parco approntano un percorso di fortuna con alcuni pannelli di compensato per consentire alla famiglia di proseguire in sicurezza verso la tomba, trasportando l'urna di Arthur per il resto della strada.
Oggi, quando un June muore, viene in genere cremato, per garantire spazio sufficiente ai futuri discendenti che vogliano riunirsi alla propria famiglia sulla montagna. E' l'unica cosa che adesso gli ex residenti e discendenti di Doodletown sono legalmente autorizzati a fare quassù: seppellire i loro morti.
Cullando tra le braccia l'urna di Arthur, sua moglie Vera, raggiunta dai sei nipoti e da un gruppo di amici e parenti, passa davanti al ruscello di Doodletown, dove Arthur e i suoi fratelli –– Eileen, Sharon, Caroline, William e Gilbert — una volta nuotavano da bambini, e agli appezzamenti di terra dove aiutavano la madre a stendere i panni ad asciugare tra gli alberi.
Il cimitero è un pezzo di terra scosceso, situato sul bordo del lago, uno specchio d'acqua che sembra così pulita da poterla bere. Ci sono dei segnali inchiodati sugli alberi con su scritto "CIMITERO CHIUSO - SOLO PERSONALE AUTORIZZATO". Al centro del cimitero si trova un grande pino morto, che fa da spartiacque fra le tombe più recenti e quelle più antiche.
I figli di Arthur - Curtis, Richard e Scott - procedono a scavare la tomba del padre. I June hanno sempre scavato da sé le loro tombe. È stato così sin da quando la prima June - Charity - è stata sepolta nel cimitero, alla fine del 1700, quando la città era un centro di estrazione e disboscamento.
Arthur e sua moglie Vera furono l'ultima coppia a sposarsi a Doodletown, nella chiesetta bianca che si trova a cinque minuti a piedi a ovest del cimitero. Fu solo tre anni prima che lo Stato di New York cacciasse tutti espropriando la cittadina. Quasi immediatamente dopo che la città era stata evacuata, lo stato inviò dei bulldozer a radere al suolo le 70 case, la chiesa e l'amata scuola.
Arthur ha lavorato per il parco fino alla sua morte, un lavoro che ha infelicemente svolto per 53 anni, amareggiato com'era per aver perso la sua casa. Ma il parco offriva un lavoro stabile. Tanti altri proprietari di Doodletown avevano fatto una fine simile. Basta guardare l'elenco di dipendenti del parco: molti cognomi sono di ex residenti.
Nel 1964 lo stato offrì ai residenti di Doodletown e di altri villaggi di montagna nelle vicinanze due opzioni: vendere o essere condannati. Doveva essere costruita una stazione sciistica, che fossero pronti o no. Il comprensorio sciistico non si materializzò mai e l'area venne invece assorbita dal Bear Mountain State Park.
Doodletown fu l'ultimo dei villaggi ad essere preso. Era anche il più grande. Anche altri villaggi, come Sebago, hanno piccoli cimiteri nascosti nella foresta, ma nessuno è ancora attivo come quello di Doodletown.
Clarence June Sr., il padre di Arthur, è stato uno dei primi a vendere. È qualcosa che sua figlia, Eileen Bramsen, fa ancora fatica ad ammettere. Teme che la decisione di suo padre abbia fornito agli altri l'impulso a vendere piuttosto che continuare a combattere. D'altro canto, non c'erano altre opzioni. "Stava per succedere, qualunque cosa avessimo fatto", afferma. I suoi genitori - sua madre si chiamava Irene - avevano otto figli e i conti da pagare.
Coloro che sono cresciuti qui lo ricordano come un luogo idilliaco, estremamente tranquillo; i fitti boschi e la posizione elevata sembrano bloccare ogni rumore proveniente dal mondo esterno. Da bambina, Eileen, i suoi amici e i suoi fratelli saltavano nel "10 piedi", una pozza d'acqua in cui i giovani June nuotano ancora oggi (anche se è illegale farlo, pure per i discendenti di Doodletown). Eileen ricorda di aver esplorato le caverne, di essersi arrampicata sugli alberi e di aver giocato a nascondino fino all'imbrunire. Nelle notti d'estate, le lucciole illuminavano il buio. Nelle mattine d'autunno, una fitta coltre di nebbia si librava sopra il fiume Hudson.
Eileen ricorda di aver imparato a fare ghirlande natalizie con sua madre, per guadagnare qualche soldo extra. Usciva a raccogliere le viti per intrecciarle e trasformarle in cerchi. Trascorrevano il mese di Natale a fare ghirlande. Una volta, aiutò sua madre a farne una di 25 piedi di diametro, che finì sulla facciata del Bear Mountain Inn.
Oggi Doodletown è conosciuta nei dintorni per le sue numerose leggende. Gli abitanti delle città ai piedi della montagna parlano di bambini selvaggi che vivono quassù in mezzo ai boschi. O parlano del Troll Dunder. O del tesoro dei pirati nascosto nelle miniere della montagna.
Poi c'è il mito dell'omonimo della città. Si dice infatti che Doodletown prenda il nome dalle truppe britanniche che hanno marciato cantando "Yankee Doodle Dandy" lungo la strada per conquistare Fort Clinton. In realtà, quando gli inglesi arrivarono, Doodletown aveva già il suo nome, come attestano le lettere datate prima della rivoluzione. La vera provenienza del nome di Doodletown deriva dalla parola olandese Doddel, che significa "Dead Valley" o "Dead Wood" (Valle Morta o Bosco Morto).
Poco prima che Doodletown morisse, ci fu una strana ondata di turismo. Comparvero articoli sui giornali che riguardavano l'acquisto del borgo, quindi molti automobilisti curiosi attraversavano Lemmon Road per vedere cosa stesse succedendo. Probabilmente quella strada non era mai stata così trafficata dai tempi in cui c'erano passate le truppe britanniche.
Non ci fu un esodo di massa da Doodletown. Tutti si trasferirono individualmente, uno alla volta. Alcuni resistettero più di altri, ma alla fine tutti se ne andarono. Molti si stabilirono nelle città ai piedi della montagna: Highland Falls, Fort Montgomery, Stony Point, Tomkins Cove.
Il fratello di Eileen, Clarence Jr., fece trasformare la sua casa in un parco e gli fu permesso di rimanere per un po' come addetto alla manutenzione. Durante i suoi ultimi giorni qui, ha visto gli operai statali iniziare a radere al suolo tutto. Poco dopo, nel villaggio ormai vuoto si sono fatti strada i vandali, che hanno distrutto il cimitero Herbert-Weyant e incendiato la scuola, il cuore di Doodletown.
Anni dopo, in ottobre, i ranger del parco si imbatterono in una festa di Halloween nel cimitero. Le lapidi erano state decorate e c'erano lanterne che pendevano dagli alberi. Sono stati sorpresi anche dei campeggiatori ad accendere fuochi tra le tombe della famiglia June.
Clarence June Jr. è stata l'ultima persona a vivere a Doodletown, una questione di orgoglio per lui. Lui e la sua famiglia se ne andarono definitivamente il 16 gennaio 1965. Prima che tutto fosse demolito, lui e suo padre passarono il tempo a girare filmini di ogni edificio. Clarence Sr. era lì il giorno in cui il bulldozer demolì la scuola.
Trent'anni dopo, quando Eileen aiutò ad organizzare la prima riunione ufficiale di Doodletown, usò il filmato di suo padre. Parteciparono circa 200 persone. Eileen si assicurò di pianificare quella riunione, e tutte quelle future, nel Columbus Day, nella speranza che fosse troppo freddo per i serpenti a sonagli. A Doodletown i serpenti hanno sempre rappresentato un problema.
Eileen ha acquistato un apparecchio per trasferire i film da 8 mm di suo padre su VHS. Lei e suo marito hanno realizzato un tour virtuale utilizzando il vecchio filmato. E tutti quelli che hanno frequentato la scuola di Doodletown hanno pianto alla vista della sua demolizione.
Ora, dove si trovava la scuola, c'è una torre di sirene, che si erge sopra gli alberi più alti, pronta a emettere avvisi in caso di emergenza nella vicina centrale nucleare, l'Indian Point Energy Center.
La maggior parte degli attuali nipoti dei June conosce Doodletown solo come un cumulo di rovine, ma ha trascorso l'infanzia esplorando la foresta, le grotte e i ruscelli, allo stesso modo. È illegale, ma se un ranger dovesse sorprenderli, ci sono buone probabilità che quel ranger abbia un suo legame personale con Doodletown, e quindi difficilmente li metterebbe nei guai. Tuttavia, i June sono ormai diventati dei turisti a casa loro.
Prima che Arthur morisse, sua nipote Leah espresse il desiderio di sposarsi a Doodletown. Arthur la aiutò ad ottenere tutti i permessi necessari per il matrimonio. Un anno dopo il funerale di Arthur, Leah si sposò nel campo vicino al lago, di fronte al cimitero. Arthur era praticamente presente.
I June mantengono ancora la loro tomba. Portano il loro tosaerba per tagliare il prato e le loro motoseghe per tagliare gli alberi caduti. I figli di Vera hanno restaurato una panchina del parco e l'hanno posizionata accanto alla tomba di Arthur, in modo che la madre possa sedere sulla tomba di suo padre. Sulla lapide si legge: "Non stare sulla mia tomba a piangere, non sono lì, non sono morto."
A volte, quando Vera va a Doodletown per far visita ad Arthur, incontra escursionisti curiosi che si dirigono verso il cimitero. Si fermano ai margini, impauriti, senza oltrepassare i cartelli, chiedendosi come e perché ci sia un cimitero solitario su questa montagna fuori dal mondo. E chi ci sia lì, a piangere tra le rovine. Vera e la sua famiglia li invitano spesso da loro, in modo che possano raccontare a qualcun altro la storia di Doodletown.

















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