I
June avevano chiamato Bear Mountain State Park per far loro sapere
che ci sarebbe stato un altro funerale a Doodletown. Arthur June era
morto il 31 marzo, a 72 anni. Era nato qui, a Doodletown, e ora la
sua famiglia lo stava riportando nella terra che amava.
In
questo borgo abbandonato nella parte settentrionale dello stato di
New York, non ci vive più nessuno dal 1965, ma i June, e altri ex
residenti e discendenti, mantengono ancora i diritti di famiglia nei
vecchi cimiteri nascosti tra i boschi di Bear Mountain, sul fiume
Hudson.
Il
cimitero era di proprietà di Caleb June (1802-1879), uno scapolo.
Nel testamento di Caleb del 3 gennaio 1872, la terra passò ai nipoti
e ai loro eredi. La Palisades Interstate Park Commission mantiene
l'accesso a questo cimitero privato sul lago.
Accompagnato
da una pioggia leggera, il corteo funebre sale lungo il tortuoso
passo di montagna fino a Doodletown. Gli impiegati del parco aprono
il cancello di Lemmon Road, un vicolo cieco, quasi invisibile per i
passanti, che sigilla le rovine della città dal traffico
automobilistico indesiderato. A parte alcune fondamenta, il Second
June Cemetery - intitolato a due antenati di Arthur, Ithiel e Charity
- è una delle uniche cose che lo stato non ha demolito appena i June
hanno lasciato Doodletown.
Il
parco mantiene la strada, in particolare per i funerali, ma è un
sentiero irregolare, mezzo pavimentato e mezzo no, che sfuma in rocce
e fogliame, fiancheggiato da cespugli e vecchie pareti rocciose
costruite dagli antenati dei June, che risalgono alla fondazione di
Doodletown, nel 1762. I fili elettrici in disuso, che sono stati
installati solo nel 1946, ora sembrano vigne artificiali ingoiate
dalla natura.
La
processione di Arthur scende lungo un sentiero tortuoso e stretto,
fino a quando il fango dei primi di aprile la costringe a fermarsi.
Il cimitero, oltre gli alberi, è ancora a circa 50 metri di
distanza. Gli impiegati del parco approntano un percorso di fortuna
con alcuni pannelli di compensato per consentire alla famiglia di
proseguire in sicurezza verso la tomba, trasportando l'urna di Arthur
per il resto della strada.
Oggi,
quando un June muore, viene in genere cremato, per garantire spazio
sufficiente ai futuri discendenti che vogliano riunirsi alla propria
famiglia sulla montagna. E' l'unica cosa che adesso gli ex residenti
e discendenti di Doodletown sono legalmente autorizzati a fare
quassù: seppellire i loro morti.
Cullando
tra le braccia l'urna di Arthur, sua moglie Vera, raggiunta dai sei
nipoti e da un gruppo di amici e parenti, passa davanti al ruscello
di Doodletown, dove Arthur e i suoi fratelli –– Eileen, Sharon,
Caroline, William e Gilbert — una volta nuotavano da bambini, e
agli appezzamenti di terra dove aiutavano la madre a stendere i panni
ad asciugare tra gli alberi.
Il
cimitero è un pezzo di terra scosceso, situato sul bordo del lago,
uno specchio d'acqua che sembra così pulita da poterla bere. Ci sono
dei segnali inchiodati sugli alberi con su scritto "CIMITERO
CHIUSO - SOLO PERSONALE AUTORIZZATO". Al centro del cimitero si
trova un grande pino morto, che fa da spartiacque fra le tombe più
recenti e quelle più antiche.
I
figli di Arthur - Curtis, Richard e Scott - procedono a scavare la
tomba del padre. I June hanno sempre scavato da sé le loro tombe. È
stato così sin da quando la prima June - Charity - è stata sepolta
nel cimitero, alla fine del 1700, quando la città era un centro di
estrazione e disboscamento.
Arthur
e sua moglie Vera furono l'ultima coppia a sposarsi a Doodletown,
nella chiesetta bianca che si trova a cinque minuti a piedi a ovest
del cimitero. Fu solo tre anni prima che lo Stato di New York
cacciasse tutti espropriando la cittadina. Quasi immediatamente dopo
che la città era stata evacuata, lo stato inviò dei bulldozer a
radere al suolo le 70 case, la chiesa e l'amata scuola.
Arthur
ha lavorato per il parco fino alla sua morte, un lavoro che ha
infelicemente svolto per 53 anni, amareggiato com'era per aver perso
la sua casa. Ma il parco offriva un lavoro stabile. Tanti altri
proprietari di Doodletown avevano fatto una fine simile. Basta
guardare l'elenco di dipendenti del parco: molti cognomi sono di ex
residenti.
Nel
1964 lo stato offrì ai residenti di Doodletown e di altri villaggi
di montagna nelle vicinanze due opzioni: vendere o essere condannati.
Doveva essere costruita una stazione sciistica, che fossero pronti o
no. Il comprensorio sciistico non si materializzò mai e l'area venne
invece assorbita dal Bear Mountain State Park.
Doodletown
fu l'ultimo dei villaggi ad essere preso. Era anche il più grande.
Anche altri villaggi, come Sebago, hanno piccoli cimiteri nascosti
nella foresta, ma nessuno è ancora attivo come quello di Doodletown.
Clarence
June Sr., il padre di Arthur, è stato uno dei primi a vendere. È
qualcosa che sua figlia, Eileen Bramsen, fa ancora fatica ad
ammettere. Teme che la decisione di suo padre abbia fornito agli
altri l'impulso a vendere piuttosto che continuare a combattere.
D'altro canto, non c'erano altre opzioni. "Stava per succedere,
qualunque cosa avessimo fatto", afferma. I suoi genitori - sua
madre si chiamava Irene - avevano otto figli e i conti da pagare.
Coloro
che sono cresciuti qui lo ricordano come un luogo idilliaco,
estremamente tranquillo; i fitti boschi e la posizione elevata
sembrano bloccare ogni rumore proveniente dal mondo esterno. Da
bambina, Eileen, i suoi amici e i suoi fratelli saltavano nel "10
piedi", una pozza d'acqua in cui i giovani June nuotano ancora
oggi (anche se è illegale farlo, pure per i discendenti di
Doodletown). Eileen ricorda di aver esplorato le caverne, di essersi
arrampicata sugli alberi e di aver giocato a nascondino fino
all'imbrunire. Nelle notti d'estate, le lucciole illuminavano il
buio. Nelle mattine d'autunno, una fitta coltre di nebbia si librava
sopra il fiume Hudson.
Eileen
ricorda di aver imparato a fare ghirlande natalizie con sua madre,
per guadagnare qualche soldo extra. Usciva a raccogliere le viti per
intrecciarle e trasformarle in cerchi. Trascorrevano il mese di
Natale a fare ghirlande. Una volta, aiutò sua madre a farne una di
25 piedi di diametro, che finì sulla facciata del Bear Mountain
Inn.
Oggi
Doodletown è conosciuta nei dintorni per le sue numerose leggende.
Gli abitanti delle città ai piedi della montagna parlano di bambini
selvaggi che vivono quassù in mezzo ai boschi. O parlano del Troll
Dunder. O del tesoro dei pirati nascosto nelle miniere della
montagna.
Poi
c'è il mito dell'omonimo della città. Si dice infatti che
Doodletown prenda il nome dalle truppe britanniche che hanno marciato
cantando "Yankee Doodle Dandy" lungo la strada per
conquistare Fort Clinton. In realtà, quando gli inglesi arrivarono,
Doodletown aveva già il suo nome, come attestano le lettere datate
prima della rivoluzione. La vera provenienza del nome di Doodletown
deriva dalla parola olandese Doddel, che significa "Dead Valley"
o "Dead Wood" (Valle Morta o Bosco Morto).
Poco
prima che Doodletown morisse, ci fu una strana ondata di turismo.
Comparvero articoli sui giornali che riguardavano l'acquisto del
borgo, quindi molti automobilisti curiosi attraversavano Lemmon Road
per vedere cosa stesse succedendo. Probabilmente quella strada non
era mai stata così trafficata dai tempi in cui c'erano passate le
truppe britanniche.
Non
ci fu un esodo di massa da Doodletown. Tutti si trasferirono
individualmente, uno alla volta. Alcuni resistettero più di altri,
ma alla fine tutti se ne andarono. Molti si stabilirono nelle città
ai piedi della montagna: Highland Falls, Fort Montgomery, Stony
Point, Tomkins Cove.
Il
fratello di Eileen, Clarence Jr., fece trasformare la sua casa in un
parco e gli fu permesso di rimanere per un po' come addetto alla
manutenzione. Durante i suoi ultimi giorni qui, ha visto gli operai
statali iniziare a radere al suolo tutto. Poco dopo, nel villaggio
ormai vuoto si sono fatti strada i vandali, che hanno distrutto il
cimitero Herbert-Weyant e incendiato la scuola, il cuore di
Doodletown.
Anni
dopo, in ottobre, i ranger del parco si imbatterono in una festa di
Halloween nel cimitero. Le lapidi erano state decorate e c'erano
lanterne che pendevano dagli alberi. Sono stati sorpresi anche dei
campeggiatori ad accendere fuochi tra le tombe della famiglia June.
Clarence
June Jr. è stata l'ultima persona a vivere a Doodletown, una
questione di orgoglio per lui. Lui e la sua famiglia se ne andarono
definitivamente il 16 gennaio 1965. Prima che tutto fosse demolito,
lui e suo padre passarono il tempo a girare filmini di ogni edificio.
Clarence Sr. era lì il giorno in cui il bulldozer demolì la scuola.
Trent'anni
dopo, quando Eileen aiutò ad organizzare la prima riunione ufficiale
di Doodletown, usò il filmato di suo padre. Parteciparono circa 200
persone. Eileen si assicurò di pianificare quella riunione, e tutte
quelle future, nel Columbus Day, nella speranza che fosse troppo
freddo per i serpenti a sonagli. A Doodletown i serpenti hanno sempre
rappresentato un problema.
Eileen
ha acquistato un apparecchio per trasferire i film da 8 mm di suo
padre su VHS. Lei e suo marito hanno realizzato un tour virtuale
utilizzando il vecchio filmato. E tutti quelli che hanno frequentato
la scuola di Doodletown hanno pianto alla vista della sua
demolizione.
Ora,
dove si trovava la scuola, c'è una torre di sirene, che si erge
sopra gli alberi più alti, pronta a emettere avvisi in caso di
emergenza nella vicina centrale nucleare, l'Indian Point Energy
Center.
La
maggior parte degli attuali nipoti dei June conosce Doodletown solo
come un cumulo di rovine, ma ha trascorso l'infanzia esplorando la
foresta, le grotte e i ruscelli, allo stesso modo. È illegale, ma se
un ranger dovesse sorprenderli, ci sono buone probabilità che quel
ranger abbia un suo legame personale con Doodletown, e quindi
difficilmente li metterebbe nei guai. Tuttavia, i June sono ormai
diventati dei turisti a casa loro.
Prima
che Arthur morisse, sua nipote Leah espresse il desiderio di sposarsi
a Doodletown. Arthur la aiutò ad ottenere tutti i permessi
necessari per il matrimonio. Un anno dopo il funerale di Arthur, Leah
si sposò nel campo vicino al lago, di fronte al cimitero. Arthur era
praticamente presente.
I
June mantengono ancora la loro tomba. Portano il loro tosaerba per
tagliare il prato e le loro motoseghe per tagliare gli alberi caduti.
I figli di Vera hanno restaurato una panchina del parco e l'hanno
posizionata accanto alla tomba di Arthur, in modo che la madre possa
sedere sulla tomba di suo padre. Sulla lapide si legge: "Non
stare sulla mia tomba a piangere, non sono lì, non sono morto."
A
volte, quando Vera va a Doodletown per far visita ad Arthur, incontra
escursionisti curiosi che si dirigono verso il cimitero. Si fermano
ai margini, impauriti, senza oltrepassare i cartelli, chiedendosi
come e perché ci sia un cimitero solitario su questa montagna fuori
dal mondo. E chi ci sia lì, a piangere tra le rovine. Vera e la sua
famiglia li invitano spesso da loro, in modo che possano raccontare a
qualcun altro la storia di Doodletown.
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