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domenica 12 gennaio 2020

251. Il Cimitero di Darola

Nel Vercellese, nelle immediate vicinanze del Principato di Lucedio, a meno d’un chilometro dalla chiesa della Madonna delle Vigne, lungo la “strada Grange” (antico collegamento che ancora oggi collega Lucedio alla cascina Darola, possedimento dei frati cistercensi nel XII secolo, bonificato per la coltivazione del riso e ceduto poi a famiglie laiche), si trova un piccolo cimitero abbandonato, pieno di storie e segreti inghiottiti dal tempo e dalla vegetazione che rende il cimitero ormai quasi invisibile . Nel 1707 il principato di Lucedio passò ai Savoia, poi, intorno al 1780, tutti i possedimenti andarono all’Ordine di San Maurizio, finchè, nel 1800, tutto passò a Napoleone Bonaparte. Dopo la dominazione napoleonica, queste terre tornarono nelle mani di facoltose famiglie italiane. Il cimitero è probabilmente antecedente all’acquisizione dei terreni da parte dei Savoia. Essendo la chiesa di architettura gotica/tardo gotica, è plausibile ipotizzarne la costruzione tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600. Con diverse variazioni di posizione e modifiche varie, è comunque certa la sua esistenza durante la fase successiva alla metà del ‘600. Nel corso degli anni, il cimitero non ha mai goduto di buona fama, reso famigerato per fatti di sangue, riti oscuri e leggende al limite della credibilità. Il cimitero fu teatro di strani avvenimenti risalenti al 1684: pare che alcune ragazze e suore del principato di Lucedio avessero partecipato ad alcuni sabba. Oltre a questi episodi (registrati da documentazioni dell’epoca), si narrano storie di monaci del vicino Principato di Lucedio che sarebbero caduti preda di pervesioni sessuali e blasfemia. Al cimitero di Darola è legata anche un'altra leggenda, quella dello "spartito del diavolo". Una volta entrati nella chiesetta dietro al cimitero, voltandosi, al di sopra del portone d'ingresso, si nota l'affresco di un enorme organo a canne, sul cui leggio si trova il famoso spartito. Si narra che contenga la chiave per imprigionare/liberare le entita' malvagie ivi presenti. Altre leggende narrano che dalla cripta si diramino alcuni cunicoli che collegherebbero l'abbazia con il paese. Nella Sala Capitolare, inoltre, si trova una colonna, detta "la colonna che piange" (ove si dice avvenissero le presunte sevizie alle novizie), in quanto "trasuda" acqua. In realtà, la spiegazione è molto semplice. La colonna stessa "pesca" l'acqua nel terreno (tutta la zona circostante è ricca di "fontanili") che poi rilascia in forma di gocce attraverso la porosità della pietra stessa. Sul web circola la notizia che la chiesa della Madonna delle Vigne sia stata sconsacrata nel 1784 da Papa Pio VI in persona, proprio in seguito alle continue voci riguardanti riti oscuri. In realtà, non avvenne alcuna sconsacrazione in tale data: è proprio storicamente assurdo:, visto la chiesa della Madonna delle Vigne è rimasta in attività sino almeno al 1971 (data in cui un abitante di Crescentino ha dichiarato essersi sposato lì e che il luogo era “una meraviglia”). Per quanto riguarda il cimitero di Darola, Le due lapidi portano precisi riferimenti religiosi, e la data del 1894 è decisamente incompatibile con un'ipotetica sconsacrazione del 1784. Inoltre, l’unica lapide rimasta quasi integra e ancora conservata nel cimitero risale agli anni ’40. Quindi è lecito supporre che almeno fino al secondo dopoguerra il cimitero fosse ancora consacrato. Non è purtroppo possibile stabilire a che anni risalgano le prime sepolture, perché le prime lapidi non esistono più. Moltissime tombe sono state trasferite in altri cimiteri e le poche lapidi rimaste sono state distrutte dai soliti vandali che imperversano in questi luoghi abbandonati senza alcun rispetto. Oggi il cimitero è in completo stato di degrado, inutilizzato da almeno 60 anni e da altrettanti privo di qualsiasi manutenzione. Circondato da un muro di mattoni ormai ricoperto di erbacce e rovi, protetto da un inquietante cancello in ferro battuto ormai perennemente aperto, le uniche due strutture che si salvano sono la chiesa ed un'anonima tomba di famiglia. La chiesa è stata ormai inghiottita dall'edera, il che le conferisce un aspetto decisamente spettrale, un piccolo porticato a tre arcate precede l’entrata. L’interno, a navata unica, è totalmente in rovina, col pavimento costellato di lapidi rotte, polvere, calcinacci e resti d’antiche tombe profanate. Ci sono due epigrafi sul muro esterno della chiesa, che in poche riche ci raccontano la triste storia d’un padre che seppellì le sue due figlie gemelle, Vittoria e Teresa Ronco, morte quindicenni nel 1868, e poi le raggiunse pochi anni dopo, nel 1876. Salme e tombe sono state portate qui da un altro cimitero l’11 febbraio 1894 (come riportato nelle iscrizioni). Sulla targa delle ragazze è scritto “il padre inconsolabile”. Nessun riferimento alla madre. Nella targa relativa all’uomo, Evasio Ronco, c’è scritto “inconsolabile madre e figli” (niente moglie). Per il posto in cui sono affisse, in specularità rispetto all’ingresso, è probabile che si trattasse di una famiglia piuttosto importante della zona, su cui però non sono reperibili notizie. La seconda struttura sopravvissuta è una tomba di famiglia, ma i sepolcri all’interno sono stati tutti aperti e distrutti, anche qui ormai la vegetazione la fa da padrona. Uscendo dal cimitero di Darola, resta un senso di tristezza, come sempre accade per questi tesori nascosti, sparsi ovunque nel nostro paese, di cui pare che tutti si siano dimenticati, tutti eccetto quelli che ne fanno scempio, senza alcun rispetto per chi ormai non ha più alcuna voce se non quella della propria lapide. 

(Ringrazio Simone Guida per la segnalazione che ha reso possibile questo racconto.)









Lapide di Evasio Ronco
Lapide delle gemelle Vittoria e Teresa Ronco



La devastazione della tomba di famiglia

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