mercoledì 15 gennaio 2020

254. 37 anni per un nome

Il 31 ottobre 1981 viene rinvenuto il corpo di una giovane donna in un campo di grano a Dixie, accanto a una piccola stradina sterrata, nella Contea di Brooks, in Georgia. Il cadavere è stato parzialmente coperto di rami e foglie tagliati sul momento. Si ritiene che la ragazza abbia tra i 18 e i 24 anni. La causa della morte è una ferita da taglio all'addome con "annesso strangolamento".
Poco dopo, viene arrestato per quell'omicidio George Newsome, un 52enne che fa parte di una fiera itinerante che in quel momento si trova a Quitman. Gli investigatori ritengono che anche la ragazza uccisa lavorasse nella fiera e quando perquisiscono il camper di Newsome, un camper rubato in un altro stato, trovano la corda usata per strangolare la giovane. Il coltello non viene mai recuperato.
Durante le fasi iniziali dell'indagine, Newsome si rifiuta di collaborare. Circa una settimana dopo il suo arresto, fugge dal carcere della Contea di Brooks e viene riacciuffato solo il 13 gennaio 1983, in Alabama.
Dopo l'arresto, Newsome confessa l'omicidio e dice di aver incontrato la ragazza al North Florida Fair Grounds di Tallahassee prima di venire a Quitman. Dice agli investigatori di aver litigato con lei per un altro uomo e si dichiara colpevole dell'omicidio. Viene condannato all'ergastolo e muore per cause naturali il 10 agosto del 1988, mentre è ancora dietro le sbarre, all'età di 58 anni. Muore senza rivelare l'identità della vittima, non perché non voglia ma semplicemente perché non la conosce.
Per anni, l'ufficio dello sceriffo della Contea di Brooks cerca di identificarla.
Prima della sepoltura, era stata esposta in una sala funeraria del posto, in modo che la gente potesse vederla e magari identificarla.
Alla fine, dopo tanti vani tentativi, il corpo era stato sepolto al cimitero di Oak Hill a Quitman. Tuttavia, invece di seppellire la sconosciuta in una tomba non contrassegnata, la famiglia Bunting della Contea di Brooks aveva messo a disposizione il lotto familiare.
E quindi la ragazza, non solo era stata sepolta in una bella bara, ma aveva anche una lastra di marmo posta sul luogo di riposo con uno schizzo forense del suo viso e la dicitura "Conosciuta solo a Dio".
E così, la giovane sconosciuta sembra destinata a rimanere senza identità, l'ennesima "Jane Doe".
Finché, il 31 ottobre 2018, in occasione del 37° anniversario della sua morte, una donna scatta una foto della sua tomba la pubblica su Facebook.
Sulla lapide è ancora inciso lo schizzo realizzato per le indagini e Kayla Bishop, vedendo il post su Facebook, riconosce quel viso. Chiama gli investigatori e dice loro di riconoscere nell'immagine la sua amica d'infanzia Sheryl.
Shirlene "Sheryl" Hammack era scomparsa 37 anni prima, dopo essersi unita ad una fiera itinerante.
Questa catena di eventi porta gli agenti del GBI (Georgia Bureau of Investigation) e gli investigatori della Contea di Brooks a incontrare i familiari sopravvissuti di Sheryl: sua madre Kathleen Hammack e le due sorelle Johnnie Hay e Lynn Johnson.
Gli investigatori vengono a sapere dalla famiglia di Shirlene, che dopo la sua scomparsa, la madre aveva ricevuto per posta il contenuto del suo portafoglio, inclusa la patente di guida. La busta era sprovvista di mittente.
I resti di Jane Doe vengono dunque riesumati e trovati in condizioni eccezionali, considerato il tempo trascorso, grazie a quella famiglia che ha pagato per farla riposare in modo dignitoso nel proprio terreno.
Una volta riesumata, la bara viene trasportata al GBI Crime Lab di Macon dal coroner Joe Leverett per ottenere i campioni di DNA necessari. Dopo un'analisi approfondita e il confronto con il DNA della madre di Sheryl, è stato stabilito che Jane Doe è la figlia biologica di Kathleen. Jane Doe è stata finalmente identificata come Shirlene Hammack, originaria di Thomaston, in Georgia.
Il GBI annuncia l'identificazione giovedì 9 gennaio 2020.
"È stato difficile crescere", ha detto la sorella di Sheryl, Johnnie Hammack-Hay, “Non sapendo se fosse al sicuro o se si stesse prendendo cura di se stessa. Tante preoccupazioni. Tante ricerche. Abbiamo cercato e cercato, senza avere risposte. "
Dopo oltre 37 anni, alla "Jane Doe della Contea di Brooks" è stato restituito il proprio nome. 







martedì 14 gennaio 2020

253. Una famiglia... unita

E' il 2010. Joseph McStay (40 anni) e sua moglie Summer Martelli (43 anni) vivono a Fallbrook, in California, coi due figli Gianni (4 anni) e Joseph Jr. (3 anni). Joseph ha un'impresa che costruisce fontane decorative,  la Earth Inspired Products, di cui Summer è agente immobiliare autorizzata.
Il 4 febbraio, alle 19:47, il sistema di videosorveglianza di un vicino riprende parte di un veicolo che si ritiene essere la Isuzu Trooper del 96 della famiglia McStay. Nella registrazione non è possibile distinguere gli occupanti del veicolo. Alle 20:28 viene effettuata una chiamata dal cellulare di Joseph McStay al suo socio in affari, Chase Merritt. Risponde la segreteria telefonica. In séguito, Merritt dirà alla polizia di aver ignorato il telefono perché stava guardando un film. Il cellulare di Joseph aggancia una cella di Fallbrook.
Solo parecchi giorni dopo, i parenti dei McStay tentano invano di contattarli. Il 13 febbraio, il fratello di Joseph, Michael, si reca all'abitazione dei McStay e, trovando una finestra aperta sul retro, entra in casa. Michael non trova nessuno, eccetto i due cani della famiglia nel cortile, abbandonati a se stessi senza cibo nè acqua. Nelle stanze ci sono gli abiti e gli effetti personali. Il frigo è pieno. In una camera la pittura e i pennelli. Il 15 febbraio, Michael telefona al dipartimento dello sceriffo della contea di San Diego e riferisce che il fratello è sparito con tutta la sua famiglia. Gli ufficiali chiedono un mandato di perquisizione, che viene effettuata il 19 febbraio. Sebbene la perquisizione non evidenzi alcun segno di lotta, alcuni particolari sembrano indicare  una partenza frettolosa: un cartone di uova lasciato sul bancone e due ciotole di popcorn a misura di bambino su un divano.
Durante le indagini, la polizia apprende che intorno alle 23:00 dell'8 febbraio, il fuoristrada della famiglia è stato rimorchiato da un parcheggio del centro commerciale di San Ysidro, San Diego, vicino al confine messicano. Si pensa che sia  stato parcheggiato lì tra le 17:30 e le 19:00 di quella sera. Dove si trovasse l'auto tra il 4 e l'8 febbraio rimane un mistero.
La sparizione alimenta molte teorie. La fuga volontaria. Una doppia vita dei McStay. Un affare andato male e collegato all’attività del capo famiglia, che spesso si recava in Messico per via dei suoi affari. A sollevare dubbi anche il profilo della moglie, che aveva cambiato identità, sostituendo il suo vero nome, Virginia Lisa Aranda, con Summer. Poi, insinuazioni sui rapporti personali della coppia. E ancora,  i legami con i narcos. Ciliegina sulla torta,  le relazioni - complesse - con i familiari e nella sfera lavorativa. Tutti elementi che portano la polizia di San Diego a credere che si tratti di  un allontanamento volontario.
Gli investigatori trovano inoltre sulla cronologia del computer di famiglia ricerche sui documenti necessari per i bambini per viaggiare in Messico e programmi di lezioni di spagnolo. Dato che  l'auto è stata trovata così vicina al confine messicano, la polizia esamina i filmati di sorveglianza del cancello d'ingresso in Messico. Il video registrato la sera dell'8 febbraio viene reso pubblico il 5 marzo e mostra quattro persone che assomigliano ai McStay che attraversano il confine. Il 19 febbraio 2010, la polizia californiana informa l'Interpol di essere alla ricerca della famiglia.  Nell'aprile 2013, il dipartimento dello sceriffo di San Diego annuncia di ritenere che i McStay si sono recati in Messico volontariamente.
Avvistamenti non confermati della famiglia vengono segnalati in Messico e altrove, perpetuando la speranza che i McStay siano al sicuro e se ne siano andati di propria volontà. I parenti non ci credono, sostenendo che Joseph e Summer evitano quel paese a causa della minaccia alla sicurezza rappresentata dalle recenti guerre di droga. Per di più, i McStay hanno più di 100.000 dollari nei conti bancari: nessun prelievo di fondi è stato effettuato in preparazione del viaggio e i loro conti non sono stati toccati nemmeno dopo la scomparsa. La sorella di Summer dichiara inoltre che il suo passaporto è scaduto. Sebbene sia possibile per un cittadino degli Stati Uniti entrare in Messico senza passaporto, è invece necessario per rientrare negli Stati Uniti.
Il quadro cambia completamente solo 3 anni più tardi, quando, l'11 novembre del 2013, un motociclista trova dei resti di scheletri umani in due buche poco profonde vicino a Victorville, in una zona desertica  che fiancheggia l’autostrada che dalla California conduce a Las Vegas. Altro che fuga in Messico, sono stati ammazzati. Due giorni dopo, alcuni dei resti vengono dichiarati ufficialmente come appartenenti a Joseph e Summer McStay: le  impronte dentali corrispondono. I corpi sono rimasti là a lungo. Gli investigatori ritengono che i due piccoli scheletri trovati insieme ad essi appartengano a Gianni e Joseph Jr. Si tratta senza dubbio di omicidio.
Lo sceriffo John McMahon della polizia di San Bernardino (ormai subentrata all’inefficiente polizia di San Diego) fornisce pochi elementi sul possibile movente. I parenti delle vittime sostengono che l’omicida avrebbe agito per una questione di soldi, voleva forse mettere le mani sul denaro di un grosso contratto. Quanto alla dinamica, gli investigatori affermano che i quattro sono stati assassinati all’interno della loro abitazione, probabilmente colpiti con una spranga o comunque con un oggetto molto pesante. L’auto lasciata alla frontiera è probabilmente un tentativo di depistaggio.
Le circostanze della scomparsa e la mancanza di indizi sul luogo in cui vengono ritrovati i resti scatenano la speculazione da parte di criminali dilettanti. Nel frattempo, il conduttore radiofonico Rick Baker, che segue la faccenda, dopo aver intervistato il fratello di Joseph, Michael, nel suo programma, ha già pubblicato un libro, "No Goodbyes: The Mysterious Disappearance of the McStay Family", e condotto dozzine di interviste sul caso (viaggiando in Messico, Belize, Haiti e Repubblica Dominicana). Nel libro, Baker ipotizza che possa essere stata Summer a commettere gli omicidi. Quando vengono ritrovati i corpi, il conduttore offre un rimborso a coloro che hanno acquistato il suo libro prima di novembre 2013.
Gli investigatori e l'opinione pubblica si concentrano a questo punto sul socio di McStay, Charles "Chase" Merritt (57 anni), che è stata l'ultima persona conosciuta ad avere avuto contatti con Joseph McStay e la prima a notare la sua scomparsa. Secondo i registri statali, Merritt ha condanne penali per furto con scasso e per ricettazione. La sua condanna più recente risale al 2001: si tratta del furto di attrezzature per saldatura e perforazione per un valore di 32.000 dollari a San Gabriel Valley, a Monrovia, in California. Un conoscente di Merritt rivela a un giornalista di San Diego, "Penso che la polizia dovrebbe tenere d'occhio lui e chiunque ci abbia a che fare."
Nel 2013, Merritt ammette di aver trascorso più di un'ora con Joseph il giorno in cui la famiglia McStay è scomparsa. Merritt, che è stata anche l'ultima persona che Joseph ha chiamato dal suo cellulare, rivendica di aver superato il test del poligrafo e di non sapere nulla che possa aiutare a risolvere il mistero. Quando gli viene chiesto se pensa che Merritt sia un sospetto, il padre di Joseph, Patrick, risponde: "Devo avere fiducia in Chase, perché devo avere fiducia in mio figlio. Credo che [Joseph] si sia fidato di Chase e abbia creduto in Chase. Se penso che Chase sia coinvolto? Non credo, e spero proprio di no. "
Nel gennaio 2014, Merritt dichiara che avrebbe potuto scrivere un libro sulla famiglia, sostenendo che Summer aveva problemi di rabbia e che Joseph soffriva da tempo di un misterioso disturbo. La famiglia di Joseph conferma che aveva una malattia inspiegabile e che Summer era molto possessiva con suo marito, ma suggerisce anche che Merritt sia stato il responsabile di quel malessere infondato. Patrick McStay però dice: "Credo che amasse davvero mio figlio".
Nel 2013, i parenti dei McStay avevano chiamato l'ex fidanzato di Summer, Vick W. Johansen, una persona di interesse nel caso. La famiglia sosteneva che gli scambi di e-mail dimostrassero che Johansen era ossessionato da Summer ancora anni dopo la fine della loro relazione. E dati i trascorsi criminali - che includevano minacce violente, vandalismo, disturbo della quiete pubblica e resistenza a pubblico ufficiale - e gli insoliti spostamenti nel periodo della scomparsa,  lo consideravano un possibile sospetto. Il dipartimento di polizia di San Diego non aveva però mai preso in esame Johansen.
Il 5 novembre 2014, i detective del dipartimento dello sceriffo della contea di San Bernardino  arrestano Merritt per la morte della famiglia McStay, dopo aver trovato il suo DNA nella loro auto. Il suo arresto viene reso noto il 7 novembre 2014. Merritt è accusato di quattro omicidi e il procuratore distrettuale chiede la pena di morte. Nel luglio 2015, l'avvocato difensore di Merritt presenta una richiesta di archiviazione del caso a causa di un difetto nella formulazione utilizzata dall'accusa al momento della presentazione delle prove.
Secondo le dichiarazioni giurate depositate e contenute nel mandato d'arresto, le autopsie hanno concluso che tutte e quattro le vittime sono state picchiate a morte con un oggetto contundente e gli investigatori ritengono che l'arma del delitto sia stata la mazza trovata nella fossa contenente i resti di Summer e di suo figlio. Chase temeva di essere riconosciuto dai bimbi e per questo aveva ucciso anche loro. Gli investigatori dichiarano inoltre che le vittime sono state barbaramente torturate prima di essere uccise.
I pubblici ministeri affermano che Merritt, con grossi problemi dovuti al gioco d'azzardo, ha ucciso la famiglia McStay per questioni finanziarie. Nei giorni successivi allo sterminio, Chase ha emesso assegni per un totale di oltre 21.000 dollari dal conto aziendale di Joseph, e poi è andato a giocare nei casinò vicini, perdendo migliaia di dollari. Il processo di Merritt viene ritardato dal continuo ricambio dei suoi avvocati e da tentativi  di rappresentarsi da solo. A febbraio 2016, ha già fatto fuori cinque avvocati.
Nel gennaio 2018, viene stabilita l'udienza preliminare del processo per il 23 febbraio. L'avvocato di Merritt presenta una mozione alla corte superiore di San Bernardino il 7 aprile 2018, sostenendo che i registri contabili di Joseph sono prove inammissibili. Il 4 maggio, il processo viene rinviato  a luglio 2018. Finché, finalmente, il 7 gennaio 2019, in un tribunale di San Bernardino, con le dichiarazioni di apertura di entrambe le parti, il processo ha inizio.
Il 10 giugno 2019, una giuria della contea di San Bernardino dichiara Merritt colpevole dell'omicidio della famiglia McStay e lo condanna a morte. L'esecuzione viene fissata al 13 dicembre 2019.
Della famiglia McStay restano solo quattro croci che si ergono nell'area desertica di Victorville, dove i resti sono stati rinvenuti, e la lapide nel cimitero El Toro Memorial Park a Lake Forest, Orange County, in California. Insieme sono stati uccisi, insieme hanno aspettato di essere ritrovati per raccontare cosa fosse successo, e insieme riposeranno per tutti gli anni a venire.










Charles Merritt al momento della sentenza

lunedì 13 gennaio 2020

252. "Sweet Fanny Adams"

Ci sono pochi inglesi che non usano l'espressione familiare "Sweet Fanny Adams". Nel corso degli anni, è diventato un modo di dire comune che significa "niente" o "qualcosa di inutile". Spesso abbreviato in "Sweet F A", o ulteriormente corrotto in un brusco "Sweet fuck all", questa frase ha un'origine che ormai è stata dimenticata. Se Fanny Adams fosse viva oggi, sarebbe probabilmente scioccata e ferita dal fatto che il suo nome sia entrato con un'accezione così negativa nel gergo inglese. Ma la domanda che tutti voi vi state facendo è: che cosa ha fatto Fanny per meritare di essere immortalata in questo modo? La risposta, ironicamente, è: niente. Fanny Adams era semplicemente una bambina innocente, crudelmente uccisa in modo così barbaro da scuotere l'intera Inghilterra vittoriana.
L'ultimo giorno sulla Terra di Fanny Adams era iniziato come tanti, come dovrebbero iniziare tutti i giorni dei bambini della sua età: in modo felice. Non era ricca, la piccola Fanny. Era figlia di un semplice contadino, ma era ben nutrita, graziosamente vestita e soprattutto amata. Fanny viveva in un piccolo cottage a Tanhouse Lane, Alton Hampshire. Alton era, ed è ancora, una pittoresca cittadina nel sud dell'Inghilterra. La sua cittadina più famosa, prima della povera Fanny, era la celebre autrice inglese Jane Austen. Quel fatidico sabato 24 agosto del 1867 era un giorno caldo e afoso. Il padre di Fanny aveva pianificato di giocare a cricket nel corso della giornata e sua madre era impegnata con i suoi fratelli più piccoli e le faccende domestiche. Quando la piccola Fanny (di appena 8 anni) sua sorella Lizzie (5 anni) e la sua migliore amica, Minnie Warner (8 anni) avevano chiesto il permesso di poter andare a giocare, la madre di Fanny e Lizzie, Harriet, non si era fatta problemi a lasciarle andare.
Le tre bambine si diressero verso alcuni campi chiamati Flood Meadows, dove giocavano spesso. Mentre camminavano, vennero avvicinate da un uomo che avevano già visto in chiesa. Era Frederick Baker, un impiegato legale di 29 anni che si era recentemente trasferito nella piccola città. Sebbene le bambine avessero la sensazione che Baker fosse ubriaco, lo credevano comunque un uomo rispettabile. Quando le avvicinò, probabilmente erano un po' diffidenti, ma di certo non spaventate. Quello che non potevano sapere era che Baker era un pedofilo. Fanny era una bambina particolarmente carina, piuttosto alta per la sua età. Aveva chiaramente attirato l'attenzione di Baker, che le offrì un penny per accompagnarlo fino ad un vicino giardino di luppolo. E per togliersi di torno le altre due bambine, l'uomo diede loro altri tre penny per andarsene a giocare altrove. Le tre bambine presero i soldi, ma Fanny rimase vicino a sua sorella e alla sua amica. Per un po' le bimbe giocarono tranquillamente a Flood Meadows. Baker intanto si aggirava nelle vicinanze, raccogliendo more da offrire alle ragazzine. Dopo circa un'ora, Lizzie e Minnie, ormai stanche, accaldate e affamate, decisero di tornare a casa. Mentre si allontanavano, Baker intercettò rapidamente Fanny e le chiese di accompagnarlo a Shalden, un villaggio lì vicino. Quando lei rifiutò, afferrò la bambina urlante e la trascinò nel giardino di luppolo.
Terrorizzate, le altre due bambine che avevano assistito al rapimento, corsero il più velocemente possibile a casa e riferirono ciò che era successo a Martha Warner, la madre di Minnie. Vuoi che la donna fosse distratta, vuoi che la storia delle piccole le parve non avere alcun senso, fatto sta che la donna non fece nulla e per tutta risposta le spedì a giocare ancora un po'. Solo alle cinque del pomeriggio, quando Minnie raccontò la storia a una vicina, la signora Gardner, iniziarono le ricerche della povera Fanny. Allarmata dalla storia di Minnie, la Gardner andò subito dalla madre di Fanny e le due donne partirono alla ricerca della bambina scomparsa. Vicino a Flood Meadows, incontrarono Frederick Baker e gli chiesero dove fosse Fanny e perché avesse dato soldi alle bambine. Quando la signora Gardner minacciò di coinvolgere la polizia, Baker derise le donne e suggerì loro proseguire per la propria strada: sosteneva di non aver nulla da nascondere e che dava spesso soldi ai bambini del posto. Era davvero un cittadino rispettato nei dintorni, sempre elegantemente vestito, e forse intimidite dalla sua posizione e dalla sua aria sicura, le donne diedero credito alla sua spiegazione e tornarono a casa.
Quando Fanny non si fece vedere a casa nemmeno per l'ora di cena, un gruppo di ricerca composto da gente del posto uscì per esplorare la zona. Fanny non venne trovata né tra i Flood Meadows né sulla strada che portava a Shalden, nota come The Hollows. Fu solo quando un lavoratore locale, Thomas Gates, entrò in un giardino di luppoli lì vicino per curare il raccolto che fu fatta una terribile scoperta. Gates scoprì la testa mozzata di Fanny infilzata da due bastoni e gettata fra le piante di luppolo. Non solo la povera Fanny era stata decapitata, ma il suo corpo e gli organi interni erano stati smembrati e sparpagliati lì intorno. La madre di Fanny ebbe un crollo per lo shock e suo padre, che stava giocando a cricket, venne avvertito immediatamente. Devastato, George Adams si precipitò a casa e in preda alla rabbia afferrò il fucile per andare in cerca di Baker. I vicini riuscirono a trattenerlo e rimasero con lui per tutta la notte.
Come un sol uomo, cosa che avrebbe scioccato gli investigatori forensi di oggi, decine di persone presentarono il giorno seguente per cercare le parti del corpo di Fanny. Dopo aver recuperato il possibile, i resti della bambina furono quindi trasportati in una casa del posto, oggi conosciuta come "Ye Olde Leathern Bottle", per essere esaminati. Intanto, la polizia andò a cercare Baker, che era andato a lavorare normalmente negli uffici del procuratore legale ad Alton. Baker venne arrestato con l'accusa di omicidio. Durante la perquisizione, fu trovato in possesso di due piccoli coltelli. Sul polsino della camicia c'erano piccole gocce di sangue, ma non abbastanza da supporre che avesse ucciso qualcuno. Tuttavia, in séguito, vennero alla luce altre due prove. La prima era una nota nel suo diario d'ufficio al 24 agosto che diceva: "Ucciso una ragazzina. Era bella e calda ”. La seconda era la dichiarazione di un bambino che aveva visto Baker lasciare il giardino di luppolo dove era stata trovata Fanny. Il piccolo affermò che Baker era coperto di sangue e si era fermato per lavarsi in uno stagno lì vicino.
Il 5 dicembre, Baker fu processato per l'omicidio di Fanny Adams. Durante il processo negò di aver ucciso la bambina e rimase sempre calmo e composto. La sua difesa, tuttavia, sostenne che Baker era pazzo e rivelò che altri membri della sua famiglia avevano sofferto di raptus violenti. Nonostante le attenuanti presentate a sua difesa, Baker venne dichiarato colpevole e impiccato alla vigilia di Natale a Winchester Gaol, di fronte a una folla inferocita di 5000 persone. Determinata a non dimenticare Fanny, la comunità locale di Alton raccolse i soldi per la lapide che ancora adesso si trova nel cimitero dove è sepolta la sfortunata bambina. E qui la storia della povera Fanny avrebbe dovuto avere fine... ma una strana piega degli eventi vide il nome di Fanny Adams diventare sinonimo di qualcosa di inutile.
Nel 1869, il montone in scatola venne introdotto come razione nella Marina britannica. Lungi dall'essere un gustoso taglio di carne, i marinai si lamentavano del fatto che il loro cibo fosse così orribile da sospettare che fosse il corpo smembrato di Fanny Adams. Presto il grottesco paragone si diffuse a tal punto che il montone in scatola veniva abitualmente indicato come una scatoletta di Fanny Adams. Da allora la razione servita ai marinai britannici è soprannominata un 'Fanny'. Come spesso accade nell'evoluzione del linguaggio comune, la frase gergale "Sweet Fanny Adams" si ampliò al resto della società, diventando un eufemismo per tutto ciò che non vale la pena avere. Oggi, il nome di Fanny continua ad essere pronunciato, ma la sua storia è svanita nella notte dei tempi. Che tristezza che questa sia l'eredità che ha lasciato una povera bambina la cui vita venne crudelmente spezzata in una calda giornata estiva, molti, molti, anni fa.



Ye Olde Leathern Bottle, l'edificio dove i resti di Fanny vennero rimessi insieme




Tanhouse Lane


Flood Meadows


Minnie Warner e Lizzie Adams sulla tomba di Fanny




Giardino di luppoli



domenica 12 gennaio 2020

251. Il Cimitero di Darola

Nel Vercellese, nelle immediate vicinanze del Principato di Lucedio, a meno d’un chilometro dalla chiesa della Madonna delle Vigne, lungo la “strada Grange” (antico collegamento che ancora oggi collega Lucedio alla cascina Darola, possedimento dei frati cistercensi nel XII secolo, bonificato per la coltivazione del riso e ceduto poi a famiglie laiche), si trova un piccolo cimitero abbandonato, pieno di storie e segreti inghiottiti dal tempo e dalla vegetazione che rende il cimitero ormai quasi invisibile . Nel 1707 il principato di Lucedio passò ai Savoia, poi, intorno al 1780, tutti i possedimenti andarono all’Ordine di San Maurizio, finchè, nel 1800, tutto passò a Napoleone Bonaparte. Dopo la dominazione napoleonica, queste terre tornarono nelle mani di facoltose famiglie italiane. Il cimitero è probabilmente antecedente all’acquisizione dei terreni da parte dei Savoia. Essendo la chiesa di architettura gotica/tardo gotica, è plausibile ipotizzarne la costruzione tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600. Con diverse variazioni di posizione e modifiche varie, è comunque certa la sua esistenza durante la fase successiva alla metà del ‘600. Nel corso degli anni, il cimitero non ha mai goduto di buona fama, reso famigerato per fatti di sangue, riti oscuri e leggende al limite della credibilità. Il cimitero fu teatro di strani avvenimenti risalenti al 1684: pare che alcune ragazze e suore del principato di Lucedio avessero partecipato ad alcuni sabba. Oltre a questi episodi (registrati da documentazioni dell’epoca), si narrano storie di monaci del vicino Principato di Lucedio che sarebbero caduti preda di pervesioni sessuali e blasfemia. Al cimitero di Darola è legata anche un'altra leggenda, quella dello "spartito del diavolo". Una volta entrati nella chiesetta dietro al cimitero, voltandosi, al di sopra del portone d'ingresso, si nota l'affresco di un enorme organo a canne, sul cui leggio si trova il famoso spartito. Si narra che contenga la chiave per imprigionare/liberare le entita' malvagie ivi presenti. Altre leggende narrano che dalla cripta si diramino alcuni cunicoli che collegherebbero l'abbazia con il paese. Nella Sala Capitolare, inoltre, si trova una colonna, detta "la colonna che piange" (ove si dice avvenissero le presunte sevizie alle novizie), in quanto "trasuda" acqua. In realtà, la spiegazione è molto semplice. La colonna stessa "pesca" l'acqua nel terreno (tutta la zona circostante è ricca di "fontanili") che poi rilascia in forma di gocce attraverso la porosità della pietra stessa. Sul web circola la notizia che la chiesa della Madonna delle Vigne sia stata sconsacrata nel 1784 da Papa Pio VI in persona, proprio in seguito alle continue voci riguardanti riti oscuri. In realtà, non avvenne alcuna sconsacrazione in tale data: è proprio storicamente assurdo:, visto la chiesa della Madonna delle Vigne è rimasta in attività sino almeno al 1971 (data in cui un abitante di Crescentino ha dichiarato essersi sposato lì e che il luogo era “una meraviglia”). Per quanto riguarda il cimitero di Darola, Le due lapidi portano precisi riferimenti religiosi, e la data del 1894 è decisamente incompatibile con un'ipotetica sconsacrazione del 1784. Inoltre, l’unica lapide rimasta quasi integra e ancora conservata nel cimitero risale agli anni ’40. Quindi è lecito supporre che almeno fino al secondo dopoguerra il cimitero fosse ancora consacrato. Non è purtroppo possibile stabilire a che anni risalgano le prime sepolture, perché le prime lapidi non esistono più. Moltissime tombe sono state trasferite in altri cimiteri e le poche lapidi rimaste sono state distrutte dai soliti vandali che imperversano in questi luoghi abbandonati senza alcun rispetto. Oggi il cimitero è in completo stato di degrado, inutilizzato da almeno 60 anni e da altrettanti privo di qualsiasi manutenzione. Circondato da un muro di mattoni ormai ricoperto di erbacce e rovi, protetto da un inquietante cancello in ferro battuto ormai perennemente aperto, le uniche due strutture che si salvano sono la chiesa ed un'anonima tomba di famiglia. La chiesa è stata ormai inghiottita dall'edera, il che le conferisce un aspetto decisamente spettrale, un piccolo porticato a tre arcate precede l’entrata. L’interno, a navata unica, è totalmente in rovina, col pavimento costellato di lapidi rotte, polvere, calcinacci e resti d’antiche tombe profanate. Ci sono due epigrafi sul muro esterno della chiesa, che in poche riche ci raccontano la triste storia d’un padre che seppellì le sue due figlie gemelle, Vittoria e Teresa Ronco, morte quindicenni nel 1868, e poi le raggiunse pochi anni dopo, nel 1876. Salme e tombe sono state portate qui da un altro cimitero l’11 febbraio 1894 (come riportato nelle iscrizioni). Sulla targa delle ragazze è scritto “il padre inconsolabile”. Nessun riferimento alla madre. Nella targa relativa all’uomo, Evasio Ronco, c’è scritto “inconsolabile madre e figli” (niente moglie). Per il posto in cui sono affisse, in specularità rispetto all’ingresso, è probabile che si trattasse di una famiglia piuttosto importante della zona, su cui però non sono reperibili notizie. La seconda struttura sopravvissuta è una tomba di famiglia, ma i sepolcri all’interno sono stati tutti aperti e distrutti, anche qui ormai la vegetazione la fa da padrona. Uscendo dal cimitero di Darola, resta un senso di tristezza, come sempre accade per questi tesori nascosti, sparsi ovunque nel nostro paese, di cui pare che tutti si siano dimenticati, tutti eccetto quelli che ne fanno scempio, senza alcun rispetto per chi ormai non ha più alcuna voce se non quella della propria lapide. 

(Ringrazio Simone Guida per la segnalazione che ha reso possibile questo racconto.)









Lapide di Evasio Ronco
Lapide delle gemelle Vittoria e Teresa Ronco



La devastazione della tomba di famiglia

sabato 11 gennaio 2020

250. Doodletown

I June avevano chiamato Bear Mountain State Park per far loro sapere che ci sarebbe stato un altro funerale a Doodletown. Arthur June era morto il 31 marzo, a 72 anni. Era nato qui, a Doodletown, e ora la sua famiglia lo stava riportando nella terra che amava.
In questo borgo abbandonato nella parte settentrionale dello stato di New York, non ci vive più nessuno dal 1965, ma i June, e altri ex residenti e discendenti, mantengono ancora i diritti di famiglia nei vecchi cimiteri nascosti tra i boschi di Bear Mountain, sul fiume Hudson.
Il cimitero era di proprietà di Caleb June (1802-1879), uno scapolo. Nel testamento di Caleb del 3 gennaio 1872, la terra passò ai nipoti e ai loro eredi. La Palisades Interstate Park Commission mantiene l'accesso a questo cimitero privato sul lago.
Accompagnato da una pioggia leggera, il corteo funebre sale lungo il tortuoso passo di montagna fino a Doodletown. Gli impiegati del parco aprono il cancello di Lemmon Road, un vicolo cieco, quasi invisibile per i passanti, che sigilla le rovine della città dal traffico automobilistico indesiderato. A parte alcune fondamenta, il Second June Cemetery - intitolato a due antenati di Arthur, Ithiel e Charity - è una delle uniche cose che lo stato non ha demolito appena i June hanno lasciato Doodletown.
Il parco mantiene la strada, in particolare per i funerali, ma è un sentiero irregolare, mezzo pavimentato e mezzo no, che sfuma in rocce e fogliame, fiancheggiato da cespugli e vecchie pareti rocciose costruite dagli antenati dei June, che risalgono alla fondazione di Doodletown, nel 1762. I fili elettrici in disuso, che sono stati installati solo nel 1946, ora sembrano vigne artificiali ingoiate dalla natura.
La processione di Arthur scende lungo un sentiero tortuoso e stretto, fino a quando il fango dei primi di aprile la costringe a fermarsi. Il cimitero, oltre gli alberi, è ancora a circa 50 metri di distanza. Gli impiegati del parco approntano un percorso di fortuna con alcuni pannelli di compensato per consentire alla famiglia di proseguire in sicurezza verso la tomba, trasportando l'urna di Arthur per il resto della strada.
Oggi, quando un June muore, viene in genere cremato, per garantire spazio sufficiente ai futuri discendenti che vogliano riunirsi alla propria famiglia sulla montagna. E' l'unica cosa che adesso gli ex residenti e discendenti di Doodletown sono legalmente autorizzati a fare quassù: seppellire i loro morti.
Cullando tra le braccia l'urna di Arthur, sua moglie Vera, raggiunta dai sei nipoti e da un gruppo di amici e parenti, passa davanti al ruscello di Doodletown, dove Arthur e i suoi fratelli –– Eileen, Sharon, Caroline, William e Gilbert — una volta nuotavano da bambini, e agli appezzamenti di terra dove aiutavano la madre a stendere i panni ad asciugare tra gli alberi.
Il cimitero è un pezzo di terra scosceso, situato sul bordo del lago, uno specchio d'acqua che sembra così pulita da poterla bere. Ci sono dei segnali inchiodati sugli alberi con su scritto "CIMITERO CHIUSO - SOLO PERSONALE AUTORIZZATO". Al centro del cimitero si trova un grande pino morto, che fa da spartiacque fra le tombe più recenti e quelle più antiche.
I figli di Arthur - Curtis, Richard e Scott - procedono a scavare la tomba del padre. I June hanno sempre scavato da sé le loro tombe. È stato così sin da quando la prima June - Charity - è stata sepolta nel cimitero, alla fine del 1700, quando la città era un centro di estrazione e disboscamento.
Arthur e sua moglie Vera furono l'ultima coppia a sposarsi a Doodletown, nella chiesetta bianca che si trova a cinque minuti a piedi a ovest del cimitero. Fu solo tre anni prima che lo Stato di New York cacciasse tutti espropriando la cittadina. Quasi immediatamente dopo che la città era stata evacuata, lo stato inviò dei bulldozer a radere al suolo le 70 case, la chiesa e l'amata scuola.
Arthur ha lavorato per il parco fino alla sua morte, un lavoro che ha infelicemente svolto per 53 anni, amareggiato com'era per aver perso la sua casa. Ma il parco offriva un lavoro stabile. Tanti altri proprietari di Doodletown avevano fatto una fine simile. Basta guardare l'elenco di dipendenti del parco: molti cognomi sono di ex residenti.
Nel 1964 lo stato offrì ai residenti di Doodletown e di altri villaggi di montagna nelle vicinanze due opzioni: vendere o essere condannati. Doveva essere costruita una stazione sciistica, che fossero pronti o no. Il comprensorio sciistico non si materializzò mai e l'area venne invece assorbita dal Bear Mountain State Park.
Doodletown fu l'ultimo dei villaggi ad essere preso. Era anche il più grande. Anche altri villaggi, come Sebago, hanno piccoli cimiteri nascosti nella foresta, ma nessuno è ancora attivo come quello di Doodletown.
Clarence June Sr., il padre di Arthur, è stato uno dei primi a vendere. È qualcosa che sua figlia, Eileen Bramsen, fa ancora fatica ad ammettere. Teme che la decisione di suo padre abbia fornito agli altri l'impulso a vendere piuttosto che continuare a combattere. D'altro canto, non c'erano altre opzioni. "Stava per succedere, qualunque cosa avessimo fatto", afferma. I suoi genitori - sua madre si chiamava Irene - avevano otto figli e i conti da pagare.
Coloro che sono cresciuti qui lo ricordano come un luogo idilliaco, estremamente tranquillo; i fitti boschi e la posizione elevata sembrano bloccare ogni rumore proveniente dal mondo esterno. Da bambina, Eileen, i suoi amici e i suoi fratelli saltavano nel "10 piedi", una pozza d'acqua in cui i giovani June nuotano ancora oggi (anche se è illegale farlo, pure per i discendenti di Doodletown). Eileen ricorda di aver esplorato le caverne, di essersi arrampicata sugli alberi e di aver giocato a nascondino fino all'imbrunire. Nelle notti d'estate, le lucciole illuminavano il buio. Nelle mattine d'autunno, una fitta coltre di nebbia si librava sopra il fiume Hudson.
Eileen ricorda di aver imparato a fare ghirlande natalizie con sua madre, per guadagnare qualche soldo extra. Usciva a raccogliere le viti per intrecciarle e trasformarle in cerchi. Trascorrevano il mese di Natale a fare ghirlande. Una volta, aiutò sua madre a farne una di 25 piedi di diametro, che finì sulla facciata del Bear Mountain Inn.
Oggi Doodletown è conosciuta nei dintorni per le sue numerose leggende. Gli abitanti delle città ai piedi della montagna parlano di bambini selvaggi che vivono quassù in mezzo ai boschi. O parlano del Troll Dunder. O del tesoro dei pirati nascosto nelle miniere della montagna.
Poi c'è il mito dell'omonimo della città. Si dice infatti che Doodletown prenda il nome dalle truppe britanniche che hanno marciato cantando "Yankee Doodle Dandy" lungo la strada per conquistare Fort Clinton. In realtà, quando gli inglesi arrivarono, Doodletown aveva già il suo nome, come attestano le lettere datate prima della rivoluzione. La vera provenienza del nome di Doodletown deriva dalla parola olandese Doddel, che significa "Dead Valley" o "Dead Wood" (Valle Morta o Bosco Morto).
Poco prima che Doodletown morisse, ci fu una strana ondata di turismo. Comparvero articoli sui giornali che riguardavano l'acquisto del borgo, quindi molti automobilisti curiosi attraversavano Lemmon Road per vedere cosa stesse succedendo. Probabilmente quella strada non era mai stata così trafficata dai tempi in cui c'erano passate le truppe britanniche.
Non ci fu un esodo di massa da Doodletown. Tutti si trasferirono individualmente, uno alla volta. Alcuni resistettero più di altri, ma alla fine tutti se ne andarono. Molti si stabilirono nelle città ai piedi della montagna: Highland Falls, Fort Montgomery, Stony Point, Tomkins Cove.
Il fratello di Eileen, Clarence Jr., fece trasformare la sua casa in un parco e gli fu permesso di rimanere per un po' come addetto alla manutenzione. Durante i suoi ultimi giorni qui, ha visto gli operai statali iniziare a radere al suolo tutto. Poco dopo, nel villaggio ormai vuoto si sono fatti strada i vandali, che hanno distrutto il cimitero Herbert-Weyant e incendiato la scuola, il cuore di Doodletown.
Anni dopo, in ottobre, i ranger del parco si imbatterono in una festa di Halloween nel cimitero. Le lapidi erano state decorate e c'erano lanterne che pendevano dagli alberi. Sono stati sorpresi anche dei campeggiatori ad accendere fuochi tra le tombe della famiglia June.
Clarence June Jr. è stata l'ultima persona a vivere a Doodletown, una questione di orgoglio per lui. Lui e la sua famiglia se ne andarono definitivamente il 16 gennaio 1965. Prima che tutto fosse demolito, lui e suo padre passarono il tempo a girare filmini di ogni edificio. Clarence Sr. era lì il giorno in cui il bulldozer demolì la scuola.
Trent'anni dopo, quando Eileen aiutò ad organizzare la prima riunione ufficiale di Doodletown, usò il filmato di suo padre. Parteciparono circa 200 persone. Eileen si assicurò di pianificare quella riunione, e tutte quelle future, nel Columbus Day, nella speranza che fosse troppo freddo per i serpenti a sonagli. A Doodletown i serpenti hanno sempre rappresentato un problema.
Eileen ha acquistato un apparecchio per trasferire i film da 8 mm di suo padre su VHS. Lei e suo marito hanno realizzato un tour virtuale utilizzando il vecchio filmato. E tutti quelli che hanno frequentato la scuola di Doodletown hanno pianto alla vista della sua demolizione.
Ora, dove si trovava la scuola, c'è una torre di sirene, che si erge sopra gli alberi più alti, pronta a emettere avvisi in caso di emergenza nella vicina centrale nucleare, l'Indian Point Energy Center.
La maggior parte degli attuali nipoti dei June conosce Doodletown solo come un cumulo di rovine, ma ha trascorso l'infanzia esplorando la foresta, le grotte e i ruscelli, allo stesso modo. È illegale, ma se un ranger dovesse sorprenderli, ci sono buone probabilità che quel ranger abbia un suo legame personale con Doodletown, e quindi difficilmente li metterebbe nei guai. Tuttavia, i June sono ormai diventati dei turisti a casa loro.
Prima che Arthur morisse, sua nipote Leah espresse il desiderio di sposarsi a Doodletown. Arthur la aiutò ad ottenere tutti i permessi necessari per il matrimonio. Un anno dopo il funerale di Arthur, Leah si sposò nel campo vicino al lago, di fronte al cimitero. Arthur era praticamente presente.
I June mantengono ancora la loro tomba. Portano il loro tosaerba per tagliare il prato e le loro motoseghe per tagliare gli alberi caduti. I figli di Vera hanno restaurato una panchina del parco e l'hanno posizionata accanto alla tomba di Arthur, in modo che la madre possa sedere sulla tomba di suo padre. Sulla lapide si legge: "Non stare sulla mia tomba a piangere, non sono lì, non sono morto."
A volte, quando Vera va a Doodletown per far visita ad Arthur, incontra escursionisti curiosi che si dirigono verso il cimitero. Si fermano ai margini, impauriti, senza oltrepassare i cartelli, chiedendosi come e perché ci sia un cimitero solitario su questa montagna fuori dal mondo. E chi ci sia lì, a piangere tra le rovine. Vera e la sua famiglia li invitano spesso da loro, in modo che possano raccontare a qualcun altro la storia di Doodletown.