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sabato 5 febbraio 2022

259. Sepolti nel ghiaccio

 «Lui è lì, è proprio lì». Gli archeologi si sono tirati indietro scioccati e sbalorditi. Niente li aveva preparati all'incontro con il marinaio vittoriano della spedizione perduta, sepolto nel terreno ghiacciato dell'Alto Artico canadese. Sembrava fosse appena morto.
La spedizione Franklin doveva essere l'esplorazione finale del passaggio a nord-ovest, la rotta marittima che collegava l'Europa e l'Asia attraverso l'Artico canadese. Invece, la spedizione si concluse in un disastro. Le due navi, la Erebus e la Terror, andarono perse. Gli indizi sulle cause di tale fallimento furono da subito pochi e misteriosi. La spedizione era ben attrezzata per un lungo viaggio nell'Artico. E allora perché finì così male?
Le navi salparono dall'Inghilterra nel maggio 1845 con 134 uomini, sotto la guida di Sir John Franklin. Furono visti l'ultima volta nella baia di Baffin nel luglio dello stesso anno, quando cinque membri della spedizione furono congedati e rimandati a casa con dei balenieri. Dopo, ci fu solo silenzio.
Dato che la spedizione era fornita di provviste per tre anni, l'Ammiragliato di Londra non inviò missioni di salvataggio fino al 1848. A quel punto, la maggior parte dei membri dell'equipaggio di Franklin era già morta.
Solo le ricerche effettuate dal 1850, fecero finalmente luce sul destino della spedizione, che aveva svernato sulla piccola isola di Beechey nel 1845/46. Vennero infatti ritrovati i quartieri di svernamento, compreso un piccolo cimitero con le sepolture di tre marinai morti in quel periodo.
Le navi di Franklin erano salpate da Beechey Island dirigendosi verso sud attraverso Peel Sound nell'estate del 1846. Entrambe le navi rimasero bloccate nel ghiaccio al largo dell'isola di King William nel settembre di quell'anno e lì avvenne il secondo svernamento. Con gran sorpresa dei membri della spedizione, il ghiaccio non si sciolse durante l'estate del 1847 e la situazione fu aggravata dalla morte di Franklin, l'11 giugno 1847, secondo una nota ritrovata in un tumulo sull'isola di King William.
Dopo un altro svernamento al largo dell'isola di King William, gli uomini abbandonarono le navi alla fine dell'aprile del 1848. Semplicemente, non potevano aspettare un altro anno nella speranza che il ghiaccio si sciogliesse, lasciando libere le navi. Le provviste non sarebbero bastate fino ad allora e gli uomini non sarebbero stati in grado di muoversi verso sud.
Nell'aprile 1848 erano già morti 9 ufficiali e 15 marinai, secondo la nota sopra menzionata. L'equipaggio superstite cercò di raggiungere il fiume Back e un avamposto della compagnia della Baia di Hudson più a sud. Si trascinarono dietro delle scialuppe di salvataggio su slitte con provviste e attrezzature. Durante il viaggio, i marinai incontrarono gli Inuit locali. Gli Inuit stessi riferirono in séguito alle squadre di ricerca di questi incontri e della successiva scoperta dei cadaveri dei membri della spedizione. Nei resoconti si parla anche di episodi di cannibalismo tra i marinai.
I membri della spedizione non ce la fecero, lasciando scheletri e manufatti sparsi lungo il percorso sulla costa occidentale e meridionale dell'isola di King William e sulla costa settentrionale della terraferma. I gruppi di ricerca degli anni 50 scoprirono molti di questi resti.
La perdita della spedizione Franklin rimane ad oggi un mistero. Non si spiega perché ci sia stato un così alto numero di morti all'inizio della spedizione, quando altre spedizioni artiche avevano perso molte meno vite (ad esempio, la spedizione di James Ross Clark nella stessa area dal 1829 al 1833 con soli tre uomini persi). Non si capisce perché la spedizione di Franklin sia andata così male e non ci sono prove concrete per una base solida su cui fondare teorie di alcun tipo.
Il primo lavoro forense sulla spedizione di Franklin fu effettuato da Owen Beattie, allora assistente professore di antropologia all'Università di Alberta, che iniziò il suo lavoro nel 1981. In quell'anno e nel successivo, condusse indagini sul lato occidentale dell'isola di King William insieme alla sua squadra, recuperando le ossa dei membri dell'equipaggio. I segni sulle ossa confermarono le storie degli Inuit sul cannibalismo. Ancora più interessante fu la scoperta dei livelli di piombo presente nelle ossa dei marinai rispetto alle ossa Inuit recuperate durante la stessa indagine.
L'avvelenamento da piombo può essere fatale. L'aumento del livello di piombo porta a una serie di sintomi gravi, come dolori articolari e muscolari, difficoltà cognitive, mal di testa e dolore addominale. Questa è una cosa che davvero non ci vuole in condizioni estreme come quelle artiche.
Sebbene i livelli di piombo più alti della norma, non potevano però bastare a spiegare quel disastro,  perché il piombo normalmente impiega un po' di tempo per accumularsi nelle ossa. Gli alti livelli di piombo potrebbero essere il risultato delle condizioni ambientali e non l'esposizione al piombo durante la spedizione. Beattie aveva bisogno di campioni di tessuto per stabilire quando il piombo era entrato nei corpi, preferibilmente gli servivano capelli o unghie.
Beattie rivolse allora la sua attenzione al piccolo cimitero di Beechey Island e alle tre tombe dei marinai di Franklin sepolti lì. Questi marinai morirono presto, durante il primo svernamento. Tre morti precoci non erano normali durante le spedizioni artiche nel 19° secolo. Già nel 1850, tali morti avevano sollevato il sospetto che qualcosa fosse andato storto già dall'inizio della spedizione. Beattie  ipotizzò che forse i corpi potevano essere stati preservati dal permafrost e che quindi avrebbero potuto fornire informazioni più precise sulle cause della morte e sui livelli di piombo. Beattie chiese dunque l'autorizzazione di aprire le tombe per riesumare i cadaveri ed eseguire un'autopsia.
Beattie aveva buone ragioni per credere che i corpi dei tre marinai potessero essere stati preservati dal ghiaccio del permafrost. Tuttavia, non tutto il ghiaccio preserva i corpi umani. Prima di passare alle scoperte di Beattie, diamo quindi una breve spiegazione del motivo per cui il ghiaccio del permafrost conserva così bene i resti rispetto, ad esempio, al ghiaccio glaciale.
I corpi, umani o animali che siano, non si conservano altrettanto bene nel ghiaccio glaciale perché è probabile che siano esposti all'aria, anche se solo in modo intermittente. Inoltre, il movimento del ghiaccio li fa a pezzi. Se i corpi non sono molto recenti, si conservano principalmente in modo scheletrizzato, solo a volte con annessi tessuti molli. Ötzi è l'unica eccezione a questa regola.
La conservazione nel permafrost è una storia completamente diversa. La sepoltura nel ghiaccio del permafrost sigilla il corpo dall'esposizione all'aria aperta e spesso non ci sono nemmeno movimenti  del ghiaccio. In sostanza, i corpi sono permanentemente conservati in un congelatore e quindi possono essere incredibilmente ben conservati. Cioè, fino a quando il permafrost non si scioglie o non viene rimosso, come accade in Siberia.
Le sepolture umane nel permafrost artico sono note in diverse località  grazie alle prime tombe di balenieri o esploratori. Gli Inuit tradizionalmente seppellivano i loro morti fuori dalla terra, mentre balenieri ed esploratori europei, avendo una fede cristiana, richiedevano una sepoltura nel terreno. Nell'alto Artico, ciò ha comportato degli scavi in profondità nel duro permafrost per poter seppellire i morti.
Le sepolture nel permafrost possono essere incredibilmente  ben conservate. Se in estate c'è un piccolo scioglimento dello strato di permafrost più alto, le sepolture restano essenzialmente congelate nel tempo. Se c'è un movimento di permafrost a causa di cicli di gelo-disgelo, le sepolture possono risalire in superficie.
I corpi umani nel permafrost vengono talvolta indicati come mummie di ghiaccio, però tecnicamente i corpi non sono preservati dalla mummificazione naturale, ma dal freddo. Sono congelati, non mummificati. Questo è il motivo per cui il recente riscaldamento dell'Artico ha portato alla graduale distruzione di un gran numero di tombe del genere. Quando si scongelano, i processi naturali iniziano a decomporre i corpi.
L'idea di Beattie di esaminare i corpi dei membri della spedizione Franklin, sepolti nel permafrost sull'isola di Beechey, si rivelò buona.
Organizzare una vera e propria esumazione nel mezzo dell'Artico canadese non è un'impresa da poco in termini di logistica e permessi, ma nell'estate del 1984 Beattie era finalmente pronto.
Lui e il suo team iniziarono con l'apertura della tomba del capofuochista John Torrington. Secondo l'iscrizione sulla lapide, era morto il 1° gennaio 1846. Era stato il primo marinaio a morire durante la spedizione.
Proprio come doveva essere successo a chi si era trovato a scavare per la sepoltura originale, il team di Beattie si ritrovò di fronte ad un duro lavoro per farsi strada attraverso il ghiaccio. Finché, alla profondità di circa un metro e mezzo, apparve finalmente il coperchio della bara. Sollevato il coperchio, la squadra si ritrovò a guardare il morto intrappolato in un blocco di ghiaccio. Utilizzarono dell'acqua calda per scongelare i resti, metodo che viene normalmente utilizzato nei siti glaciali quando i manufatti sono inglobati nel ghiaccio.
Il corpo era incredibilmente ben conservato, così come i vestiti. John Torrington doveva essere gravemente malato al momento della morte, perché era estremamente magro, pesava solo 38,5 kg. Le sue mani erano prive di calli e, poiché era un fuochista, questo ci dice che non era stato in grado di lavorare per un bel po' di tempo prima di morire.
L'autopsia, e la successiva analisi dei campioni prelevati, dimostrarono che Torrington soffriva di tubercolosi. La causa della morte era stata probabilmente una polmonite. I campioni dei capelli e delle unghie rivelarono alti livelli di piombo, anche più delle ossa dell'isola di King William precedentemente esaminate. Quindi forse l'avvelenamento da piombo lo aveva indebolito, portandolo infine alla morte per polmonite.
Beattie e la sua squadra tornarono a Beechey Island nel 1986 per riesumare gli abili marinai John Hartnell (morto il 4 gennaio 1846) e William Braine (morto il 3 aprile 1846). In entrambi i casi, l'autopsia e la successiva analisi indicarono come causa del decesso una polmonite dovuta alla tubercolosi, proprio come nel caso di John Torrington. Non c'erano segni di scorbuto. Anche il livello di piombo nei capelli e nelle unghie di Hartnell e Braine era alto, ma inferiore a quello di Torrington.
Sorprendentemente, dopo aver rimosso i vestiti di John Hartnell, si è potuto constatare che era stato sottoposto ad autopsia prima della sepoltura. Pare che Harry Goodsir, il medico della nave (o forse i suoi superiori), si fosse chiesto perché l'equipaggio avesse subito due perdite nel giro di così poco tempo.
Dopo le autopsie, i corpi vennero riseppelliti nelle rispettive tombe e le lapidi originali ricollocate al loro posto.
Beattie concluse che l'avvelenamento da piombo aveva contribuito in modo significativo alla morte dei tre marinai e probabilmente anche all'esito catastrofico della spedizione. Affermò che il piombo rinvenuto nei marinai riesumati veniva dalle saldature delle lattine dei cibi in scatola. A sostegno di ciò, Beattie fece un'analisi isotopica, dimostrando che il piombo nei capelli e nelle saldature avevano la stessa origine.
La teoria dell'avvelenamento da piombo era chiara e, dopo aver letto il libro di John Geiger sul lavoro di Beattie, sembrava sicuro che la spiegazione dovesse essere quella. Tuttavia, i successivi riesami dei campioni e altri dati storici sollevano dei dubbi sul fatto che le cose siano così semplici.
Cosa c'è che non va nell'ipotesi del piombo e del cibo? Ebbene, prima di tutto: come facciamo a sapere che il livello nei tre velisti riesumati era effettivamente più alto del normale per questo gruppo di individui? Nello studio di Beattie manca un gruppo di controllo, ovvero altri marinai britannici dello stesso periodo. Ovviamente, un tale gruppo di controllo sarebbe difficile da trovare, oggi come oggi. I livelli di piombo nelle ossa dei membri della spedizione Franklin sono, ad esempio, simili ai campioni di un cimitero romano nel Dorset, in Inghilterra, cioè riflettono un ambiente ad alto contenuto di piombo, non un avvelenamento da piombo. Anche altre spedizioni contemporanee facevano affidamento in parte su cibi in scatola, ma non per questo erano finite male.
In generale, l'uso del piombo in associazione con cibi e bevande nel XIX e all'inizio del XX secolo era molto più elevato di oggi. È improbabile che gli alti livelli di piombo nelle ossa provengano da un'esposizione nel corso della spedizione. Riflette piuttosto un'esposizione nel corso di tutta la vita.
A causa dei processi chimici, la perdita di piombo della saldatura sarebbe stata comunque limitata. Ciò è confermato dagli studi sulle lattine conservate della spedizione Franklin. Sulla base dei registri, meno del 15% delle scorte di cibo erano cibi in scatola. La spedizione avrebbe utilizzato prima il cibo fresco, rendendo quasi impossibile la teoria che il cibo in scatola fosse la causa degli alti livelli di piombo nelle ossa dei tre marinai.
I livelli più elevati di piombo nei capelli dei morti a Beechey Island potrebbero essere stati causati dal fatto che alla fine della loro vita avevano vissuto principalmente di una dieta liquida. Moltissime bevande in quel periodo avevano un alto contenuto di piombo. Oltretutto, non ci sono sintomi diagnostici di avvelenamento da piombo nei resti degli uomi esaminati, come ad esempio calcificazioni nei nuclei cerebrali. L'analisi  isotopica è quindi da considerarsi inconcludente.
Uno studio successivo dell'unghia del pollice di John Hartnell, raccolta dal team di Beattie, suggerisce che l'alto livello di piombo è accompagnato da un alto livello di zinco e rame, pertanto può essere stato causato dal rilascio di questi metalli immagazzinati nelle ossa durante le ultime fasi della malattia. Anche i farmaci somministrati durante l'ultimo periodo di vita, potrebbero aver contribuito agli alti livelli riscontrati.
Al momento, la conclusione è che i livelli di piombo non sono sufficientemente alti per aver svolto un ruolo importante nello svolgersi del disastro, ma potrebbero aver svolto un ruolo di supporto. Alla fine di tutto, il motivo principale del catastrofico fallimento della spedizione sembra essere  stato il clima rigido dell'Alto Artico canadese e il verificarsi inaspettato di una mini Era Glaciale.. Franklin e i suoi uomini stavano cercando di farsi strada attraverso il passaggio a nord-ovest soffocato dalla morsa del ghiaccio nel peggior momento possibile.
Dopo anni di indagini, anche le due navi di Franklin sono state ritrovate solo di recente, l'Erebus nel 2014 e la Terror nel 2016. Entrambi i relitti sono apparsi in luoghi sorprendenti, lontani da dove erano rimasti bloccati nel ghiaccio nel 1848. Le informazioni degli Inuit hanno svolto un ruolo cruciale nella scoperta delle navi al di fuori del perimetro di ricognizione originale, al largo della costa nord-occidentale dell'isola di King William.
L'Artico si sta riscaldando, molto più del resto del globo. Laddove Franklin e i suoi uomini un tempo combattevano per la propria vita nel ghiaccio, i crocieristi ora navigano comodamente. Nei decenni a venire, l'Artico continuerà a riscaldarsi, portando a un'ulteriore perturbazione degli ecosistemi e a un ulteriore scioglimento del permafrost. I marinai congelati nel cimitero di Beechey Island si scioglieranno e scompariranno.
Non perderemo solo gli ultimi resti della spedizione Franklin a causa del riscaldamento. Perderemo l'Artico. La Terra cambierà. Ci stiamo dirigendo verso l'ignoto.
C'è forse una lezione da imparare dal destino della spedizione Franklin?


 


Il piccolo cimitero di Beechey Island. Tre tombe della spedizione Franklin e una quarta tomba di una delle spedizioni di ricerca


Il piccolo cimitero di Beechey Island. Tre tombe della spedizione Franklin e una quarta tomba di una delle spedizioni di ricerca


Il piccolo cimitero di Beechey Island. Tre tombe della spedizione Franklin e una quarta tomba di una delle spedizioni di ricerca


Il corpo di John Torrington. Il corpo è stato adagiato su un letto di trucioli di legno, alcuni dei quali possono essere distintamente visti intorno alla testa


Le mani di John Hartnell, che mostrano l'effetto del ghiaccio del permafrost sulla conservazione




La nota trovata in un tumulo sull'isola di King William, che descrive la difficile situazione della spedizione di Franklin e la decisione di dirigersi verso il fiume Back


L'ubicazione dei relitti di HMS Erebus (E) e HMS Terror (T).

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